Investito da un pirata della strada, arriva in ospedale con il codice verde. E nonostante il ricovero in due ospedali, muore dopo nove giorni di agonia, senza ricevere le cure...
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Da questo esame, il pubblico ministero intende conoscere se la morte di Nicola Pellino sia stata causata esclusivamente dai danni subiti in questo all’investimento. E anche se durante i nove giorni di ricovero, tra l’ospedale San Giovanni di Dio di Frattamaggiore e il Cardarelli, l’uomo abbia ricevuto cure mediche adeguate, se durante lo stesso periodo la condotta dei sanitari sia stata difforme da quanto prescrive la pratica medica, e se esiste il nesso di casualità tra le cure che eventualmente non sono state praticate e la morte del paziente. Un’ora dopo, alla presenza del perito di parte, il professor Antonio d’Ettorre, nominato dall’avvocato Angelo Melone, il legale che assiste la famiglia della vittima, è stata eseguita l’autopsia. Da quello che si è appreso, l’uomo sarebbe deceduto per una vasta emorragia gastrica, probabilmente causata da una delle nove costole fratturate in più punti, e che avevano già perforato una pleura. «A nostro avviso – dice l’avvocato Angelo Melone – e confortati dal parere del perito di parte civile, il decesso di Nicola Pellino è stato causato dalla diagnosi sbagliata, al momento dell’ingresso in ospedale gli fu assegnato il codice verde, dalle poche, ininfluenti, oltre che insufficienti cure mediche, diagnosi compresa, ricevute presso l’ospedale di Frattamaggiore fino al giorno diciotto e poi al Cardarelli fino al ventidue di agosto».
E a leggere il contenuto della denuncia, c’è da rimanere sbalorditi. Il tredici agosto, Pellino, investito da un’auto pirata in località Casola, viene soccorso da un automobilista di passaggio che lo porta a casa. Qui, in seguito alle sue condizioni, il figlio decide di farlo visitare al pronto soccorso dell’ospedale di Frattamaggiore, dove gli viene assegnato il codice verde. Le prime indagini mediche, rivelano la frattura multipla delle costole e un versamento pleurico. L’uomo viene adagiato su una sedia a rotelle, sulla quale trascorre la notte prima di esser trasferito nel reparto di chirurgia d’urgenza, dove resta per tre giorni sempre sulla sedia a rotelle. A parte una siringa di qualche antidolorifico, fatta su insistenza dei familiari, a Pellino, non viene praticata nessuna terapia. Il giorno successivo, dichiara il figlio nella denuncia, dopo aver fatto notare a un infermiere che i piedi del genitore erano eccessivamente gonfi, l’uomo viene sollevato di peso e adagiato sul letto, provocando dolori insopportabili al paziente. Giovedì 18 agosto, arriva il trasferimento al Cardarelli, e sempre in chirurgia d’urgenza, un aggettivo, in questo caso, davvero fuori luogo. Perché dopo quattro giorni, Pellino, muore, senza aver ricevuto, secondo la denuncia dei familiari le cure “urgenti” delle quali aveva un disperato bisogno. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino