Oggi non ricorda, perché l’alcol gli ha creato un blackout nella memoria, ma al momento dell’inversione a U in Tangenziale e della guida contromano che si...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
A distanza di quasi tre anni c’è un nuovo processo, quello di secondo grado voluto dalla difesa di Mormile (avvocati Stefano Montone e Gaetano Porto) per sostenere la tesi dell’omicidio colposo, e c’è una nuova perizia disposta dai giudici per sciogliere il nodo su due punti centrali di questa storia: l’amnesia di Mormile, che dopo l’incidente, durante le indagini e il processo di primo grado, ha sempre sostenuto di non ricordare nulla di quei chilometri percorsi contromano, e il suo stato psicofisico al momento dei fatti. «Non vi è dubbio - si legge nella perizia - che all’atto dell’incidente il tasso alcolemico fosse di 2,15 g/l e quindi in un ambito che era tra il frastornamento e lo stato confusionale, per cui è possibile giustificare che non tutto quanto vissuto potesse essere ricordato da Mormile». I consulenti (lo pschiatra Manilio Russo, il medico legale Bruno Della Pietra e l’ingegnere Stefano Pagano) parlano di amnesia da blackout alcolico, affermando che «si potrebbe sostenere una compatibilità tra l’amnesia e le reazioni avute dallo stesso subito dopo l’incidente» quando ai primi soccorritori ammise di aver fatto una cazzata» e diede indicazioni sulla fidanzata che era sanguinante in auto.
Il vuoto nella memoria di Mormile, dunque, è possibile come conseguenza dell’intossicazione da alcol e dello choc per l’incidente. Quanto a ciò che accadde prima, i consulenti definiscono «regolari e rapidi», senza barcollamenti e lucidi, i passi con cui Aniello e Livia si diressero verso la macchina, ripresi dalle telecamere puntate sulla strada che percorsero dopo la serata in un locale. E a proposito dell’inversione a U scrivono: «Non è noto il motivo della manovra poiché è stata effettuata poco dopo l’immissione nella Tangenziale. Si può ipotizzare che Mormile abbia avuto dei momenti di esitazione e smarrimento per aver compreso di viaggiare in senso opposto a quello che aveva intenzione di percorrere e che abbia rallentato per cercare di capire come recuperare l’errore». La sua auto aveva le luci posteriori di arresto accese, il freno azionato e rilasciato più volte e, senza mai arrestarsi, percorse circa 7 metri sulla banchina, per poi proseguire verso Pozzuoli. Ma casa di Livia era nella direzione opposta, a Fuorigrotta. «In quei momenti - si legge nella perizia - Mormile potrebbe anche aver valutato la possibilità di invertire immediatamente il senso di marcia e aver poi deciso di continuare fino a una prossima uscita per immettersi nella giusta carreggiata, o ha ricordato che era vicino l’ampliamento della carreggiata nella zona dove vi sono i caselli di pedaggio nel piazzale degli Astroni e dove le auto rallentano». La manovra per l’inversione a U avvenne lentamente. «Si potrebbe ipotizzare - scrivono i consulenti - che Mormile, raggiunto il piazzale degli Astroni, abbia compreso che per uscire dalla Tangenziale e reimmettersi nell’altra carreggiata avrebbe dovuto oltrepassare i caselli, e irragionevolmente realizzò la scelta di ripercorrere la strada contromano». E così per rimediare a un errore, ne commise uno più grave. Volontario o colposo? La risposta è la principale questione da affrontare nel processo d’appello. Domani si va in aula. I familiari di Livia, assistiti dall’avvocato Andrea Raguzzino, si sono costituiti parte civile, così come i familiari di Aniello Miranda. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino