Addio Iandolo, il professore che difendeva il napoletano

Addio Iandolo, il professore che difendeva il napoletano
A pochi giorni dalla scomparsa di Renato de Falco se ne è andato ieri notte, a 76 anni, un altro grande studioso della lingua napoletana, Carlo Iandolo. Autore di diverse...

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A pochi giorni dalla scomparsa di Renato de Falco se ne è andato ieri notte, a 76 anni, un altro grande studioso della lingua napoletana, Carlo Iandolo. Autore di diverse grammatiche, ha firmato soprattutto scrupolosi vocabolari, uno etimologico e uno semantico-etimologico, nei quali ha ricostruito la storia dei principali lemmi del napoletano. Grazie a lui sono stati di nuovo nobilitati termini ritenuti appartenenti al modo di esprimersi di persone volgari o poco istruite: «Se si guarda alla derivazione etimologica e si pronuncia alla giusta maniera», amava ripetere Iandolo, «anche un vocabolo poco apprezzato può suonare come una dotta citazione».


E faceva spesso il caso di mugliera, che deriva dal latino mulíere-m.D'altra parte Iandolo sottolineava sempre che il napoletano, pur avendo subito tante influenze nel corso della sua storia, dal latino deriva, anche se non dal latino scritto o classico, teoricamente studiato nelle scuole, ma dal latino parlato o volgare. Per una vita insegnante di Lettere classiche in licei napoletani, aveva tenuto corsi di specializzazione di dialettologia per attori al Bellini, e combatteva le sue personali battaglie a favore di una grammatica napoletana condivisa, con regole in grado di mettere finalmente d'accordo tutti i linguisti. Come nel destino di tanti autori, Iandolo è morto poche ore dopo l'uscita del suo ultimo saggio, anche questo pubblicato con la sua casa editrice di riferimento, la Cuzzolin.

Si intitola Il dialetto di Napoli, grammatica descrittiva (pagine 166, euro 22). Una nuova fatica che aggiorna le precedenti ma che parte dalla stessa identica domanda che ormai si faceva da decenni: il napoletano è una lingua o un dialetto? Era una lingua, ovviamente, per Iandolo, il quale però non poteva non constatare che, per come era trattata dagli stessi napoletani, si era ridotta a una sorta di dialetto popolare. Così, lo scopo dei suoi libri era comunicare una ricchezza e una complessità di una lingua che sarebbe dovuta essere studiata e assimilata come i liceali fanno con il greco o il latino. Perché se tutti accettano il raddoppiamento consonantico scritto nell'interno di parole come «ammore», «cammurrista», «nummero», la stessa regola dovrebbe valere anche a inizio di parole in determinate espressioni come «tu e nnuje», «tre vvote», «e gguaglione».


A chi gli chiedeva consigli su come scrivere una parola accentata o su dove mettere un apostrofo, Iandolo consigliava, pur con il suo stile pacato e accomodante, che forse conveniva prima imparare a leggere il napoletano. Funerali oggi ore 10 alla chiesa del Salvatore a Pompei. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino