Napoletani scomparsi in Messico, tre poliziotti corrotti condannati a 40 anni di carcere

Napoletani scomparsi in Messico, tre poliziotti corrotti condannati a 40 anni di carcere
Sono stati condannati a quaranta anni di carcere i tre poliziotti messicani per «desaparicion forzada» (sequestro di persona) dei tre napoletani scomparsi in Messico....

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Sono stati condannati a quaranta anni di carcere i tre poliziotti messicani per «desaparicion forzada» (sequestro di persona) dei tre napoletani scomparsi in Messico. Ma è una vittoria solo a metà per le famiglie di Raffaele Russo, Antonio Russo e Vincenzo Cimmino. Una delle poliziotte condannate è infatti riuscita a fuggire poche ore prima della sentenza giunta ieri nella tarda serata italiana. L'agente ha approfittato di una pausa durante il processo per salire in macchina col marito e far perdere le proprie tracce. La poliziotta fuggita è Linda Guadalupe Arroyo, sancendo così l'ennesima beffa e un ulteriore colpo di scena in una vicenda che sta finendo tristemente con l'assomigliare sempre di più ad una delle tante serie di Netflix ispirate ai cartelli della droga sudamericani, ma stavolta non è una fiction. I tre agenti avevano venduto i tre napoletani ai narcos per l'equivalente di 43 euro e di Raffaele, Antonio e Vincenzo si sono ormai perse le tracce dal 31 gennaio 2018. «I poliziotti - hanno fatto sapere i legali della famiglia napoletana Luigi Ferrandino e Claudio Falleti - erano preoccupati per la propria vita e hanno mentito in maniera evidente non fornendo aiuti per ritrovare i tre scomparsi». 

L'ultima beffa è stata la fuga dell'agente Guadalupe Arroyo che si era presentata in tribunale insieme agli altri due colleghi imputati, poi all'alba di ieri - alle 4,30 ora italiana - era stata stabilita una pausa dei lavori di circa tre ore. Alla ripresa dell'udienza, constatata l'assenza della donna, il giudice ha emesso un ordine di cattura. La poliziotta, come anche gli altri agenti, era in «libertà controllata». Che la donna sia riuscita a fuggire non sorprende gli apparati diplomatici italiani che sin dall'inizio hanno lavorato al caso. «Molto probabilmente - viene spiegato al nostro giornale - la poliziotta ha pagato un collega ed è stata lasciata scappare, è la prassi da queste parti dove comandano la plata (i soldi) o il plomo (il piombo dei proiettili)». I tre agenti è stato ricorstruito avevano prima fermato i tre napoletani per poi consegnarli - dietro pagamento di mille pesos - nelle mani dei cartelli della droga, in particolar modo il clan «Jalisco Nueva Generaciòn» che è ora il cartello più forte in Messico dopo la cattura del Chapo Guzman. L'ipotesi di questa mossa da parte dei poliziotti messicani - avvalorata anche dalle indagini condotte da agenti italiani in capo allo Scip (il Servizio di cooperazione internazionale della polizia)- è che i tre napoletani erano ricercati dai narcos perché avevano venduto loro dei generatori elettrici di scarsa affidabilità. Generatori di cui i cartelli della droga fanno uso diffuso nelle fabbriche di coca, ma soprattutto per fornire l'illuminazione ai tanti cunicoli che i corrieri utilizzano per far transitare i carichi di coca anche oltre la frontiera servendosi di sottopassaggi sotterranei. 

La fuga della poliziotta è solo l'ultima di una serie di circostanze paradossali che sembrano davvero tratte da serie come «Narcos» o «El Chapo». I poliziotti indagati inizialmente erano quattro: ma il quarto, Fernando N., è morto durante la detenzione in carcere, in circostanze mai chiarite. Poi a sparire è stato pure José Guadalupe Rodriguez Castillo, detto «El 15», uno dei boss del cartello Jalisco Nueva Generaciòn, considerato il mandante del rapimento dei tre napoletani. L'uomo era risultato ufficialmente morto in un agguato mortale. Il corpo di «El 15» è però sparito dall'ospedale dove era stato portato in fin di vita, dopo essere stato prelevato da alcuni suoi fedelissimi: una vicenda simile ad un episodio della serie tv «El Chapo» dove è proprio il protagonista a sparire in questo modo. Qui realtà e fiction si richiamano continuamente e la sparizione del cadavere ha infatti subito fatto pensare ai media messicani ad una messinscena e che «El 15» possa essere in realtà ancora vivo. Ora invece la fuga della poliziotta nel processo per chiarire le dinamiche che hanno portato alla scomparsa dei tre napoletani non fa clamore: i media locali rilegano la notizia in fondo a siti e telegiornali. Qui un agente di polizia che fugge ad un processo non fa scalpore. 

Increduli, alla notizia della fuga, gli avvocati delle famiglie dei tre italiani. «Questi estenuanti giorni di processo - spiegano i legali ieri in collegamento video con il tribunale di Jalisco - hanno dato i loro frutti in quanto molte delle prove ammesse e formate sono inconfutabili, in ultimo la fuga di uno degli imputati stile Hollywood verosimilmente decisa con l'avvicinarsi della condanna ha rinforzato un coinvolgimento nei fatti che tutti gli imputati fino alla fine hanno cercato di negare». Intanto, sin dall'inizio di questa storia, le speranze di ritrovare vivi i tre napoletani sono ridotte al lumicino. 

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Il Mattino