Volevano uccidere Pietro Iodice, quello che ad Afragola e dintorni tutti conoscono come «Pierino a Siberia», per il suo temperamento gelido ad eseguire gli ordini....
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Quanto basta a spingere il presidente della commissione parlamentare antimafia Nicola Morra, ieri in visita presso la Procura di Napoli a rimarcare il lavoro svolto dagli inquirenti napoletani. Accanto al procuratore Gianni Melillo, ieri il presidente della commissione Antimafia ha ribadito che «lo stato non arretra di fronte a simili episodi, ma sta qui a fare fronte comune contro simili forme di illegalità».
Ma torniamo all'inchiesta sul caso Afragola, sullo scenario criminale che si è creato in un intero spaccato metropolitano. Nel corso degli ultimi due anni sono stati colpiti i presunti vertici dei Moccia. Arresti di presunti boss e reggenti, ma anche soggetti spediti al carcere duro, in quanto ritenuti in grado di veicolare informazioni decisive per l'intera organizzazione. Ricordate cosa accadde nel 2014? Ci furono alcuni omicidi, corpi carbonizzati, fiamme per distruggere soggetti emergenti. È lo stesso scenario che spinge qualcuno ad usare l'esplosivo per sventrare negozi, distruggere saracinesche. Ci sono almeno tre formazioni criminali che si stanno contendendo la leadership all'ombra dei Moccia e non è un caso che la nuova guerra delle bombe sia nata proprio quando la Dda ha ottenuto il regime di isolamento per i presunti reggenti. Meno ordine dalle celle - ragionano gli inquirenti - più confusione sul territorio. Riflettori puntati, mai come in questo periodo, sul rione Salicelle, la zona che viene inquadrata come una sorta di fortino della cosca Bizzarro-Barbato, la cosca che ha provato ad imporsi in stretta linea di continuità con i capoclan detenuti.
Una retata di un paio di anni fa, oltre settecento pagine firmate dal gip Tommaso Perrella, con 45 soggetti in manette su 79 personaggi iscritti nel registro degli indagati.
Una maxi-inchiesta che in questi mesi si è arricchita anche di nuovi filoni investigativi. Arresti da parte della Dda di Napoli nei confronti di alcuni presunti estorsori che hanno appiccato l'incendio in una ditta di raccolta di rifiuti. Ricordate cosa accadde due estati fa alle porte di Napoli? Era l'estate degli incendi, non mancò il fuoco del racket con le fiamme agli autocompattatori di una ditta impegnata in un altro business territoriale, parliamo della raccolta dei rifiuti. È in questo contesto che sono stati consumati almeno otto attentati dinamitardi ed è sempre in questo contesto che la Procura ha messo a segno quattro fermi. Al di là delle accuse, ieri convalidate dal gip, c'è il sospetto - al momento solo un sospetto - che i quattro si siano impegnati anche in alcuni raid esplosivi.
Avrebbero provato ad uccidere il reggente noto come «'a Siberia», salvo poi provare a fare terra bruciata nel peggiore dei modi. Con le bombe a pochi passi dal corso principale, con gli attentati che terrorizzano un po' tutti in una città che da almeno tre decenni resta sotto un regime criminale tutto da esplorare. Una vicenda che ora attende una doppia risposta da parte delle istituzioni: quella militare, con nuovi arresti e sequestri; e quella processuale, con la definizione del maxidibattimento a carico di presunti boss e gregari della cupola mafiosa alle porte di Napoli. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino