Hanno incrociato un’auto pochi attimi prima di scatenare l’inferno. Hanno deciso di scendere dallo scooter, per prendere meglio la mira e per evitare contraccolpi...
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Quattro assalitori, visti da qui - dalle immagini del sistema di videoprotezione - sembrano la scena di un videogame. Si muovono come dentro un gioco elettronico, durano una manciata di secondi. Lingue di fuoco appena accennate, nessun particolare (o quasi) realmente utile per gli inquirenti: volto travisato da qualcosa di nero (un casco? Un berretto o uno scaldacollo?), abiti sportivi, poi il buio della notte di periferia nella Secondigliano ferita dall’ultimo episodio di camorraccia. Inchiesta in corso. Coordinati dal procuratore aggiunto Filippo Beatrice, dai pm Maurizio De Marco e Vincenza Marra (che hanno indagato sulla zona, assieme alla collega Stefania Castaldi), tocca ormai ai carabinieri ricostruire movente e responsabilità dell’assalto alla caserma di Secondigliano.
Come è noto, ci sono delle intercettazioni che raccontano il prequel dell’assalto alla caserma di via del Macello. Poche frasi, che bastano a raccontare l’esistenza di un patto: tra quelli della Vinella dei grassi, vale a dire i cosiddetti «girati», e quelli del clan Ferone di Casavatore, storici alleati nella interminabile giravolta di equilibri che ha caratterizzato la periferia a nord di Napoli. Ci sono delle frasi, delle intercettazioni che risalgono a poche ore prima dell’agguato alla caserma dei carabinieri. Parole che sembrano pronunciate da un fanatico, uno dei tanti soggetti violenti da queste parti, che invece si dimostrano coerenti e sinistre alla luce dell’assalto alla caserma.
Che parole sono? Ecco qualche passaggio: «Mi servono i fucili, mi servono i fucili», urla un uomo al telefono, uno che abita nella zona della Secondigliano vecchia, a pochi metri dalla caserma dei carabinieri crivellata di colpi. Chi c’è dall’altra parte? Una donna. Già, una donna, che viene usata come portatrice di telefonino, nella convinzione che sia un target meno appetibile da un punto di vista investigativo. L’uomo parla da Secondigliano, la cella della signora viene attaccata a un ripetitore di Casavatore. Poche battute e la donna passa il telefonino a un altro uomo. Parlano in modo nervoso, sincopato, il primo detta gli ordini, l’altro obbedisce: «Portami i fucili, portami i fucili... allora non hai capito? Qui dobbiamo pompare...». Poche ore dopo, l’agguato di via del Macello. Quanto basta a ipotizzare una sorta di patto tra clan, un accordo tra quelli della Vannella - i cosiddetti «girati», appunto - e quelli del clan Ferone di Casavatore. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino