«Mio figlio massacrato di botte sul lungomare di Napoli tra la folla indifferente»

«Mio figlio massacrato di botte sul lungomare di Napoli tra la folla indifferente»
Luisa, la madre di Salvatore, il ragazzino picchiato violentemente sabato notte sul lungomare, piange quieta. China sul letto del figlio appena operato al setto nasale, lo...

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Luisa, la madre di Salvatore, il ragazzino picchiato violentemente sabato notte sul lungomare, piange quieta. China sul letto del figlio appena operato al setto nasale, lo accarezza, lo veglia in silenzio. Il ragazzo ha gli occhi chiusi, ma di tanto in tanto si agita nel sonno. A qualche metro dal letto del diciassettenne, appoggiati al davanzale di una finestra, la fidanzatina e un gruppo di amici. Silvio era con Salvatore la sera dell'aggressione, lo aveva lasciato da pochi minuti quando è scattato l'assalto. Non si dà pace: «Ero andato via per accompagnare una ragazza della comitiva racconta altri amici si erano allontanati per raggiungere piazza del Gesù e così Salvatore era rimasto solo con Luigi. All'improvviso, mi ha raccontato, un gruppo di persone li ha circondati. Avevano preso di mira Luigi. Salvatore è intervenuto per difenderlo, l'amico è riuscito a scappare, lui è stato picchiato. Così, senza un perché». La stessa ricostruzione il ferito l'ha fatta alla mamma.

 
Signora, come ha saputo dell'aggressione?
«Sabato notte ero a letto quando è squillato il telefonino. Era l'1,30 il numero non era quello di mio figlio, ma il cuore mi è saltato in gola. Ho capito subito che era successo un guaio. Poi ho sentito la voce di Salvatore: mamma non ti preoccupare mi ha detto ma vieni subito in ospedale. Ho pensato al peggio. Quando l'ho visto era ricoperto di sangue. Lui mi ha rassicurato: è solo il naso, mi ha detto. Ma io mi sono sentita morire. Una mamma non dovrebbe vivere così. Ci vuole più sorveglianza, sono necessarie più telecamere, più forze dell'ordine in strada. Questa è una città crudele, noi genitori non possiamo vivere nel terrore. E ad altri ragazzi non deve succedere quello che è successo a mio figlio e tanti altri prima di lui».

Poteva andare anche peggio...
«Lo so. Ma questo non mi consola. Mio figlio era uscito a fare una passeggiata ed è finito in ospedale, non sa nemmeno lui perché. Non conosceva quelli che lo hanno picchiato, non conosce il motivo dell'aggressione. Una serata con gli amici non può e non deve finire così».

Salvatore è preoccupato?
«Quando è arrivato in ospedale lo hanno medicato, ma lui per ventiquattro ore non è riuscito a dormire, poi è crollato in un sonno agitato, per svegliarlo abbiamo dovuto scuoterlo, era senza forze. Ed è molto spaventato. Io mi domando: che cosa succederà adesso? Come reagirà al trauma? Riuscirà a riconquistare la serenità e a vivere tranquillamente la sua età? E io che farò la prossima volta che lui uscirà con gli amici?».

Suo figlio non era mai stato coinvolto in risse?
«No, mai. Lui è un ragazzo come tanti, ha diciassette anni e sogna di fare il tatuatore, ma io non so se potremo mai permetterci di pagargli un corso di formazione. È molto bravo nel disegno, ha frequentato l'istituto d'arte Palizzi e ha una grande manualità. I libri, invece, non fanno per lui. Per questo, per il momento, dà una mano in un bar. Così, almeno, non resta a non far niente in strada. Ma io spero di riuscire ad aiutarlo a realizzare il suo sogno».

Conosce i suoi amici?

«Certo. Frequenta i ragazzi del centro storico, dove abitiamo. La fidanzatina, invece, è del Vomero ed è iscritta al liceo classico. Ragazzi normali, come tanti. E allora io mi domando: si può finire in ospedale così, senza un perché? È giusto che una madre rischi di perdere il figlio per colpa di un gruppo di sbandati? La sera in cui Salvatore è stato picchiato ad aggredirlo erano in tanti. La scena si è svolta sul lungomare, in un posto affollato. Ma nessuno lo ha aiutato. A poca distanza c'era anche una pattuglia delle forze dell'ordine, lui si è avvicinato, ha chiesto aiuto. Gli hanno risposto: adesso arriva l'ambulanza. Ma a portarlo in ospedale è stato uno sconosciuto su di un motorino. Che cosa si aspetta a fermare questa violenza che mette a rischio la vita dei nostri figli?». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino