A poche ore dal verdetto delle urne si riapre subito il fronte Bagnoli. Proprio mentre a Roma Renzi si recava al Quirinale per rassegnare le dimissioni (congelate fino al via...
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Si sta dimostrando che con poteri ordinari si può andare veloci e che la teoria delle scorciatoie e dei poteri commissariali non ha funzionato». Il ragionamento dell'ex pm è chiaro: sulla riconversione dell'area ex Italsider si potrà adottare lo stesso metodo che ha permesso di raggiungere l'accordo tra governo e Comune sul Patto per Napoli, ovvero quello dei tavoli tecnici istituzionali. Un'intesa siglata in pochi giorni dopo un lungo periodo di gelo. È uno schema che, c'è da scommetterci, de Magistris riproporrà anche al prossimo inquilino di Palazzo Chigi.
Ma potrebbe davvero cambiare qualcosa? Di sicuro quanto avvenuto nelle ultime ore sarà inevitabilmente uno spartiacque nella vicenda Bagnoli. Sì, perché è stato proprio Renzi a disegnare, con la norma inserita nello sblocca-Italia, la nuova governance per l'area ovest che prevede la figura del commissario (Nastasi) e quella del soggetto attuatore (Invitalia, Agenzia del ministero del Tesoro). Ora che però Renzi sta per uscire di scena, resta un quadro di competenze che era voluto e sostenuto dal governo dimissionario ma fortemente osteggiato dal Comune di Napoli. Dalla sua parte la nuova governance ha la legge, per effetto della quale si è arrivati alla nomina del commissario con un mandato di tre anni (l'incarico scade nel 2018): non è quindi strettamente legata al destino del governo e di Renzi. E allora per mettere in campo un quadro di poteri e competenze diverso si dovrebbe modificare la legge, cosa che al momento appare difficile. Ma ciò non significa che non si terrà conto delle indicazioni di Palazzo San Giacomo. De Magistris chiede che le decisioni su Bagnoli vengano assunte nelle sedi istituzionali, dove si confronterebbero delegazioni tecniche del Comune e del governo.
Ma di quest'ultima continuerebbe a far parte Nastasi.
Il Mattino