«Volete prendervela con gli adulti? E va bene, a posto, chi ha sbagliato deve pagare. Ma i bambini no, i bambini dovete lasciarli stare»: occhi gonfi e aria dimessa,...
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Il bambino è stato allontanato all’alba e lei non si dà pace: «Per portarci via le creature i carabinieri hanno fatto un blitz alle sei del mattino. È successo l’inferno, i bambini sono stati svegliati all’improvviso e si sono trovati intorno gli uomini in divisa, siamo stati costretti a vestirli in fretta e furia e poi se li sono portati mentre erano ancora in lacrime. E questo non è giusto: pigliatevela con noi se sbagliamo, ma con le anime di Dio no, loro non c’entrano niente».
I piccoli non c’entrano niente, ma secondo i magistrati sono stati costretti ad assistere al confezionamento delle bustine di coca. Non c’entrano niente, ma il loro futuro, lo dicono le statistiche, è segnato: se nasci al Pallonetto, o a Secondigliano, o a Ponticelli, hai molte più possibilità di finire in galera di chi nasce a Chiaia o al Vomero o a Posillipo. Vite bruciate da un indirizzo e un codice postale. Anche la vita di Anna non è mai stata facile e adesso tirare le fila di una famiglia dimezzata dagli arresti è anche più complicato.
A meno di quaranta anni, senza aver mai avuto un vero lavoro, è la mamma di Francesco, 22 anni, otto passati tra Nisida e Poggioreale, e di Luigi, una promessa del calcio, e di Angela che ha tre anni e già ha assistito a due blitz. Tutti insieme vivono nel cuore del Pallonetto, in una casa che è uno sputo, a poca distanza dai nonni, che campano in un altro buco arrampicato in un cortile cintato da case dirupate. Forse, hanno pensato i giudici, meglio fare piangere le creature oggi che tenerle in galera domani. Una spiegazione che non convince la gente del Pallonetto.
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Il Mattino