Manca la corrente dall'altra notte, i negozi che si trovano sullo stesso marciapiede del bar andato in fumo tengono le serrande aperte ma sono al buio, clienti quasi zero....
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IL DOLORE
Non hanno il sorriso sulle labbra le persone che entrano ed escono da «Giordano», il negozio di calzature che si trova alla sinistra del bar andato in fumo. I ragazzi portano fuori quel che possono, il titolare ha le mani annerite dal fumo e gli occhi pieni di disperazione: «Ho avuto un danno da centomila euro. E non sono nemmeno assicurato», sospira mentre controlla un'altra bustona di scarpe che gli hanno lasciato i ragazzi. Le calzature sono piene di fuliggine e cenere, anche a volerle ripulire non potrebbero più essere messe in vendita. Il danno al negozio s'è generato perché il deposito di quel negozio si allarga fin sopra al bar devastato dall'esplosione e dall'incendio. Così tutte le scarpe conservate lassù sono andate in fumo, e attraverso il corridoio che porta a quel deposito il fumo e la cenere hanno invaso pure il negozio rovinando anche la merce che non è stata aggredita dalle fiamme: «Non so quando potremo ripartire - si dispera il titolare - per adesso cerchiamo solo di salvare il salvabile e di fare la conta di danni che sembrano insostenibili in questo momento».
L'ingresso del bar incendiato è meta del pellegrinaggio dei curiosi. In tanti si avvicinano fin dove il nastro bianco e rosso lo consente, danno uno sguardo, scattano una fotografia, commentano. Una ragazza che abita ai quartieri racconta la sua teoria: «Ma a che siamo arrivati? Ma a voi sembra normale che si faccia un attentato a quell'ora mentre la gente passa ancora per strada? Una volta certe cose le facevano di notte proprio per evitare i morti. Adesso invece sembra che cercassero proprio la strage. Questo mi fa davvero paura». Insomma, una drammatica disamina «dal basso» del crollo dei valori anche negli eventi di malavita.
IL MIRACOLO
L'altra notte, quando è esploso l'ordigno, via Toledo era poco affollata, fortunatamente. Al bar che si trova sul marciapiede opposto a quello dell'incendio, la caffetteria Daniele, però la clientela continuava ad entrare: «Abbiamo sentito il boato - racconta una ragazza dietro al bancone - poi si è scatenato l'inferno. C'è stata una pioggia di detriti che ha travolto anche questo lato della strada. Appena qualche minuto prima una coppia che era seduta al tavolino esterno aveva pagato e se n'era andata. Quando siamo usciti a vedere cosa era accaduto, abbiamo visto che la porta d'ingresso del bar esploso era stata scagliata su questo marciapiede e aveva travolto proprio il tavolino dov'erano quelle persone. Non so chi siano, ma sono dei veri miracolati. Si sono salvati per un caso del destino».
Arriva una squadra per ripristinare la corrente. La gente li circonda, gli operai, tutti giovanissimi, percepiscono la tensione, chiedono che non vengano scattate fotografie. Si arrampicano ai bordi del palazzo Doria D'Angri e iniziano a lavorare. Le commesse tengono le mani giunte: «Speriamo che fanno presto, qua non si vende niente se restiamo senza corrente».
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Il Mattino