Napoli, catturato «Ciro My Way»: il boss che uccise un 19enne innocente

Napoli, catturato «Ciro My Way»: il boss che uccise un 19enne innocente
Stanato. Dopo un anno e tre mesi di latitanza il cerchio si è stretto intorno al boss Ciro Rinaldi. Di lui si erano perse le tracce dal due novembre del 2018, quando...

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Stanato. Dopo un anno e tre mesi di latitanza il cerchio si è stretto intorno al boss Ciro Rinaldi. Di lui si erano perse le tracce dal due novembre del 2018, quando riuscì a sottrarsi ad un'ordinanza cautelare per il duplice omicidio di Raffaele Cepparulo e di un innocente finito nella traiettoria dei proiettili, il 19enne Ciro Colonna, avvenuto a Ponticelli nel 2016.


Fine della corsa. A scovare «My Way», come è soprannominato Rinaldi, sono stati i carabinieri della sezione «Catturandi» del Reparto operativo di Napoli. Il boss 55enne a capo di una compagine criminale nemica storica del clan Mazzarella si nascondeva in un appartamentino di proprietà di alcuni parenti, a San Pietro a Patierno.
 
Il blitz è scattato all'ora di pranzo. Fulmineo l'intervento dei militari che allo scoccare delle 13,30 - dopo aver circondato l'edificio - hanno fatto irruzione nel condominio: in una manciata di minuti Rinaldi si è trovato ammanettato e condotto in un'auto che lo ha poi trasferito in carcere. Non era armato, non era in possesso di documenti falsi, non ha opposto resistenza ed è rimasto muto. Nelle prossime ore verrà interrogato dal giudice per le indagini preliminari. Su di lui pesano accuse gravissime: oltre ad essere considerato il mandante dell'uccisione di Cepparulo - personaggio emergente nel panorama criminale del Rione Sanità - e dell'innocente Ciro Colonna, «My Way» deve rispondere anche di un altro omicidio: quello di Vincenzo De Bernardo (soggetto vicino ai Mazzarella) commesso a Somma Vesuviana l'undici novembre di quattro anni fa e maturato nell'ambito della guerra tra cosche per il controllo degli affari illeciti nell'hinterland.

Da San Giovanni a San Pietro a Patierno. Ma, ritengono gli inquirenti, l'abitazione nella quale si trovava ieri era probabilmente non il covo, piuttosto solo un «transito», una soluzione momentanea di appoggio per il latitante in attesa di un nuovo e più sicuro trasferimento. Si ritiene non fosse il suo covo ma una soluzione di mero passaggio nel suo spostarsi tra un nascondiglio e un altro. In tasca Rinaldi aveva dei fogli manoscritti con numeri e appunti che da un primo esame sembrano giocate per il superenalotto e codici per scommettere su incontri di calcio: ulteriori approfondimenti su quegli strani «pizzini» pieni di codici e cifre sono comunque già in corso da parte dei militari del comando provinciale dell'Arma.

Il 55enne aveva fatto perdere le sue tracce al termine di un lungo iter giudiziario scandito da annullamenti e rinvii e culminato nella sua scarcerazione. Poi, poco prima che la Corte di Cassazione si pronunciasse sul ricorso che la Procura antimafia aveva presentato avverso la sua scarcerazione per il duplice omicidio di Cepparulo e Colonna, intuendo che l'aria si stesse facendo pesante, si era dato alla latitanza. Un lungo periodo - quindici mesi in tutto - durante il quale il «ras» del Rione Villa, a San Giovanni a Teduccio, era diventato uccel di bosco. In quel lasso di tempo Rinaldi ha potuto contare su una fitta rete di connivenze e complicità: aspetto che costituisce ora lo sviluppo naturale delle indagini. Presto potrebbero fioccare anche le denunce per favoreggiamento personale.


Il sette giugno del 2016 a Ponticelli si scatenò l'inferno. All'interno di un circolo ricreativo del «Lotto 0» i killer riuscirono a intercettare Raffaele Cepparulo, detto «Ultimo», il quale dal Rione Sanità aveva scelto il quartiere della periferia orientale per sfuggire alla rabbiosa caccia che gli davano gli uomini del clan Vastarella. Dalle indagini è emerso che a decretare la sua condanna a morte furono i capicamorra di Ponticelli e di San Giovanni. Nella furia dei colpi esplosi finì anche Ciro Colonna, la cui unica colpa fu quella di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. «In aula domani, in occasione della prima udienza preliminare - dichiara l'avvocato Marco Campora che assiste la famiglia - con il collega Aniello Cozzolino ci costituiremo parte civile». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino