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Circa 150mila tra consulenze, visite specialistiche e soprattutto interventi chirurgici sono stati cancellati. Assicurate soltanto le attività di urgenza non rimandabili e quelle di pronto soccorso. Disagi contenuti invece nei distretti a Napoli dove a macchia di leopardo sono mancate al lavoro solo alcune figure chiave ma le conseguenze dello sciopero si sono riverberate sull’enorme aumento di richieste di prescrizioni e di visite riversate negli studi dei medici di medicina generale e nella rete dei pediatri di base che hanno comunque assicurato la continuità delle cure.
«Lo sciopero serve a chiedere rispetto per categorie professionali che tengono in piedi il Servizio sanitario, è il momento di rispondere con durezza, in tutta la categoria prevale un senso di sdegno e di rabbia, siamo indignati dal tradimento che leggiamo nell’attacco alle nostre pensioni, non possiamo sopportare di dover andare a lavoro consapevoli di rischiare ogni giorno un’aggressione. Non abbiamo alcuna intenzione di starcene zitti e buoni mentre la politica cancella il diritto alla salute dei cittadini». Così Bruno Zuccarelli (segretario regionale Anaao Assomed) che riassume le motivazioni profonde di uno sciopero che a Napoli, così come nelle altre piazze d’Italia, ha visto unirsi migliaia di medici e dirigenti sanitari in un’unica voce.
«Non è servito morire di lavoro – aggiunge Antonio De Falco leader della Cimo Fesmed - ammalarsi di lavoro durante il Covid, rimetterci la vita in alcuni casi, cedere tempo se poi la sanità continua ad essere considerata solo un costo da tagliare».
Richiesta infine la depenalizzazione dell’atto medico per restituire maggiore serenità ai medici e ridurre il ricorso alla medicina difensiva. I dati della Ragioneria Generale dello Stato e Istat certificano in Campania, al 31 dicembre 2021, che il numero dei medici del Servizio sanitario nazionale ammontava a 9.333 e quello degli infermieri a 18.997 con una carenza aspetto alla media delle altre regioni di 4.200 medici dipendenti del Ssn e 7mila infermieri.
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