Napoli, cantieri “tartaruga” e allarme dei costruttori: «Appalti a rischio»

L’Acen: fino a 20 anni per le grandi opere, la metà del tempo si perde in burocrazia

Uno dei tanti cantieri infiniti di Napoli
Il tempo passa, ma i cantieri restano. A Napoli, in questi mesi, fioccano cantieri lumaca. Un boom di progetti fermi o, nella migliore delle ipotesi, in ritardo. «Si...

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Il tempo passa, ma i cantieri restano. A Napoli, in questi mesi, fioccano cantieri lumaca. Un boom di progetti fermi o, nella migliore delle ipotesi, in ritardo. «Si acceleri sulle opere pubbliche». È infatti il coro che si leva da Acen, che individua le cause dei continui stop and go ai lavori tra le intasate vie partenopee. E ancora: «Nei ripensamenti del governo sulle regole dei bonus» e «nelle problematiche legate al caro energia», «ritrovamenti archeologici» e nell’«eccesso di burocrazia», che secondo il dossier Acen copre circa il 60% dei tempi di realizzazione di un’opera. Non mancano le «inefficienze amministrative locali», in una metropoli che raramente può contare su finanziamenti propri, ma solo su fondi che, a vario titolo, arrivano da Ue o Palazzo Chigi. Il che, naturalmente, non favorisce il rispetto dei cronoprogrammi: «Così, appalti a rischio». E la lista delle opere in ritardo è lunga, e riguarda in molti casi cantieri legati ai trasporti.



Escludendo via Duomo e la relativa metro (linea 1), in sostanza, negli ultimi due anni non è stato “consegnato” nulla di nuovo. Tutto ristagna, o procede a passo di bradipo. Un cantiere è per sempre, a Napoli. La durata media dei lavori per le grandi opere pubbliche – come sottolinea la commissione ai Trasporti e alle Infrastrutture del consiglio comunale – è di «20 anni». Quella delle operazioni di rifacimento stradale varia tra i «2 e i 3 anni». I casi sono tanti, e tutti eclatanti. La Linea 6, per esempio, fu inaugurata per la prima volta per i mondiali di Italia ’90 (all’epoca si chiamava Linea tranviaria rapida). I lavori non sono ancora finiti, e la tratta al momento è chiusa e non è possibile programmare una data di inizio dell’esercizio. La prima pietra della Linea 1, invece, fu posata nel 1976 (all’epoca del sindaco Valenzi), e la chiusura dell’anello è ben lontana. Il crollo di Poggioreale ha fermato il cantiere, e dunque frenato il progetto di chiusura dell’anello metropolitano. 

Altri cantieri eterni, li ricorda il presidente della commissione sopracitata, Nino Simeone: «La Funicolare di Chiaia - chiusa da ottobre per manutenzione -. Non ha ancora un bando. I lavori nel triangolo Maschio Angioino-piazza Municipio-porto sono iniziati nel 2002, e lì i ritardi sono dovuti ai ritrovamenti delle navi romane. Nella Galleria Vittoria e sul belvedere di via Console, ci sono cantieri aperti da 10 anni, mentre i lavori all’ascensore tra Santa Lucia e Monte Echia sono iniziati nel 2002». Altro cantiere “cronico” è quello della Galleria Umberto: su via Toledo insistono ponteggi dal 2014, e i lavori sono in fase di allestimento. 

Eccesso di burocrazia, ricorsi, interventi della magistratura (per crolli o talvolta anche con interdittive antimafia), caro energia e materiali. Le cause dei ritardi sono molte, e irrisolte. Il dossier Acen basato sui dati della Presidenza del Consiglio relativi ai tempi di realizzazione delle opere infrastrutturali, in questo senso, non lascia spazio a interpretazioni: «Il tempo medio di attuazione è pari a 4 anni e 5 mesi», e lievita col valore dei progetti: si va «da meno di 3 anni per i progetti di importo inferiore ai 100 mila euro a quasi 16 anni, in media, per i grandi progetti da oltre 100 milioni». 

«A contribuire alla corposa dilazione dei tempi – sottolinea Angelo Lancellotti, presidente Acen – sono i ritardi relativi ai “tempi di attraversamento”, ovvero le attività collegate a permessi e pareri. A livello complessivo, queste attività coprono oltre il 54% dei tempi totali e arrivano al 59% dei tempi necessari alla progettazione. Una forte responsabilità nei ritardi è attribuibile alle carenze del quadro finanziario e alla necessità di aggiornare la progettazione per effetto del susseguirsi alluvionale della legislazione». 



E subito aggiunge: «Poi vanno affrontati i continui adeguamenti dei prezzi, specie in questo periodo di robusti incrementi dei costi delle materie prime. Hanno poi avuto un ruolo nefasto i ritardati pagamenti della Pubbliche Amministrazioni, che a Napoli hanno persino superato i 5 anni in tempi recenti. I tempi di attraversamento tra una decisione e l’altra nelle pubbliche amministrazioni sono l’elemento su cui concentrare la riforma sugli appalti: lo dimostrano il ricorso a procedure straordinarie come la nomina di Commissari ad acta e le difficoltà che si stanno registrando per l’attuazione del Pnrr. Nel tentativo di porre rimedio a tali problematiche, si sacrificano soprattutto trasparenza e concorrenza. Tra le altre ragioni causa di ritardi in fase di esecuzione si segnalano le sorprese geologiche e i ritrovamenti archeologici, che pure rendono necessari la rivisitazione dei progetti e dei quadri economici».  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino