Napoli sporca, abbandonata, senza trasporti efficienti. Una città indebolita dall'assenza di leadership e da una classe politica ormai marginale che favoriscono...
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Professore, ha letto l'analisi di Scotto di Luzio?
«Certo e su un punto non sono d'accordo».
Quale?
«Il leader c'è eccome: è il sindaco Luigi de Magistris. Semmai è il suo modo di fare politica e di gestire che può dare questa sensazione».
E come gestisce la città?
«Non nella maniera giusta se si ha la sensazione che Napoli sia priva di una guida. Lo possiamo constatare nelle cose di tutti i giorni, perché è da queste che si comprende la capacità di un sindaco. Voglio portare due esempi che appariranno banali al napoletano medio: parcheggiatori abusivi, lavavetri a ogni semaforo. È evidente che il sindaco non ha, volutamente, una strategia di attacco. Se non si risolvono questi punti, banali, è difficile pensare che si possano risolvere quelli più complessi. Perché poi ci sono i problemi di grande portata con altre motivazioni e difficoltà».
E cioè?
«Mi riferisco alla mancanza di luoghi decisionali a Napoli. Sia nel campo industriale sia nel campo bancario, televisivo, culturale. È un problema ormai storicizzato».
Anche cronicizzato...
«Esatto. È una situazione che va avanti da anni, e comporta che in molti settori chi cerca spazi dirigenziali e ha ambizioni più grandi necessariamente se ne deve andare lontano. Ma è un problema non di ieri o oggi, direi ventennale, eppure non lo si è mai affrontato con concretezza. Ne parliamo, ne dibattiamo, ma tutto resta immutato, fermo, cristallizzato».
Forse perché di difficile soluzione?
«Se non si affrontano con fatti concreti non ha senso neanche parlarne. Come queste riflessioni lanciate giustamente da Scotto Di Luzio su cui hanno dibattuto il presidente degli industriali, Vito Grassi, o Armando Brunini, l'amministratore delegato di Gesac. Le proposte sono interessanti ma alla fine mancano gli interlocutori principali».
E quali sarebbero?
«Le forze politiche di questo Paese. Dimentichiamo che Lega e M5S hanno vinto le elezioni e sono al governo. Ho letto dell'idea di affidare il compito di leader al rettore Gaetano Manfredi, al professore Giorgio Ventre direttore della Apple Academy, e ancora Umberto De Gregorio manager di Eav, o all'ad di Gesac Brunini, è stato fatto perfino il mio nome. Tuttavia non credo che la soluzione ai problemi di Napoli sia da ricercare nella nostra cerchia. Tutti questi nomi possono aiutare a livello organizzativo ma nessuno di noi è un politico, siamo tutti degli esterni, dei tecnici. Ciascuno ha realizzato qualcosa di cruciale per la città, al punto da essere considerato capace di fare da un leader. Ma il punto è un altro: come è possibile che non ci sia stata una sola proposta di tipo politico? Dov'è la politica?».
Lo chiedo a lei: dov'è la politica napoletana?
«Non a Roma. Dove dovrebbe lavorare affinché ci sia una legge speciale su Napoli per rimettere in sesto i conti e permetterci di sistemare i servizi minimi. E nemmeno qui, dove il Pd si spacca su tutto ogni giorno, e il centrodestra non si rinnova e mostra sempre le stesse persone. Non abbiamo politici di peso che ci rappresentano, né assegnano eventi come l'Expo che darebbero alla città visibilità e un giro d'affari notevole. Una leadership composta da tecnici ci farebbe campicchiare qualche anno, ma serve ben altro. E poi davvero si appoggerebbe un tecnico? Non ci credo. Dobbiamo rivolgerci a chi ha vinto le elezioni. Di Maio è l'interlocutore, e parzialmente anche Fico. Loro, se vogliono, possono aiutarci a migliorare Napoli». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino