Avevano ripreso a tessere la trama di sempre, con un doppio obiettivo: cancellare tracce sul proprio conto, raccogliere soldi. Sono queste le ipotesi che hanno spinto la Procura...
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Chiaro il ragionamento svolto dal gip Linda Comella: siamo alla fine di ottobre, quando Enrico Di Marino si mette all’opera. Ha inizio una strategia che, secondo un reato di recente formulazione, va letta come depistaggio. Scrive il gip: «Contattando Carlo Borrelli ed invitandolo a distruggere il materiale del concorso consegnatogli ed a formattare il telefono sul quale aveva avuto contatti con il Sabato Vacchiano, elementi di prova nell’indagine in corso sugli illeciti commessi da Sabato Vacchiano, compiva atti idonei ad ostacolare le indagini».
Decisiva a questo punto la reazione di Carlo Borrelli, uno dei candidati a un concorso per l’accesso nei ranghi delle forze militari, che decide di rivolgersi agli inquirenti. Verifiche da parte del nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza, agli ordini del colonnello Domenico Napolitano, che hanno ascoltato il racconto del teste d’accusa, oltre a passare al setaccio contatti telefonici e via chat.
È il 26 ottobre scorso quando, tramite whatsapp, Sabato Vacchiano viola l’obbligo di non comunicare con l’esterno. E lo fa usando un cellulare segreto, contattando lo stesso Borrelli e dicendogli che sarebbe stato raggiunto a stretto giro dal carabiniere Enrico Di Marino (in servizio in Calabria): «Vedi che adesso ti spiega il nostro amico enry... ascoltalo e fai tutto ciò che ti dice alla lettera».
Ma non è finita. È lo stesso Borrelli a fornire un’altra traccia agli inquirenti, tratta dalla messaggistica di facebook, con un messaggio nel quale Enrico si fa latore della richiesta di Vacchiano: «Ha detto il mio amico di buttare tutto, che il computer non va bene... togli tutto da mezzo che è inutile... non si può riparare». Insomma, una sorta di vademecum che si ripete qualche giorno dopo, il 29 ottobre scorso: «Formatta il cellulare tre volte o blocca la scheda e cambia cell... hai il virus... butta il celle e scheda sul serio che hai un virus... un virus grave... chiama l’operatore e blocca la scheda e poi spegni il cell o lo togli di mezzo il primo possibile e cancella la nostra conversazione...».
Diversa l’accusa costata il carcere per Fastampa, che avrebbe contattato tale Anna De Biase, sua compagna, per contattare alcune persone e indurle alla massima cautela. Anche in questo caso siamo ad ottobre, fanno paura le intercettazioni della Procura. Dice lui a lei: «Li voglio chiamare prima che intercettino i telefoni»; e ancora: «Qua ci stanno diecimila euro, se rimanevano nel giubbotto, ma non li potevi mettere nella coperta...». Parlano di soldi - dice il gip - soldi da ricondurre sempre agli stessi affari. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino