Chiese, nel centro storico di Napoli ​una su tre è abbandonata

Chiese, nel centro storico di Napoli una su tre è abbandonata
Napoli offre ai visitatori molto meno di quel che ha, nonostante il ritorno del boom turistico, gli investimenti dei grandi brand del lusso e le prospettive più che rosee...

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Napoli offre ai visitatori molto meno di quel che ha, nonostante il ritorno del boom turistico, gli investimenti dei grandi brand del lusso e le prospettive più che rosee dei flussi di vacanzieri. L’elenco dei siti d’arte inaccessibili in città è nutrito da anni e, benché il bonus facciate abbia favorito i lavori in diverse chiese, le criticità resistono e cambiano forma. La crisi delle vocazioni, la carenza di personale pubblico, l’accantonamento del progetto Chiese Aperte (con cui l’ex amministrazione affidava le aperture a Napoli Servizi): le cause dei monumenti off-limits sono molte e intricate. Da anni, confermano dalla Curia, manca inoltre un censimento ufficiale, ma stando ai dati aggiornati forniti ieri al Mattino dal Comitato delle Arciconfraternite Commissariate della Curia arcivescovile presieduto da don Salvatore Fratellanza, restano «65 le chiese chiuse, di diversa appartenenza, nel solo centro storico Unesco: 10 delle 40 di nostra proprietà sono state riaperte nell’ultimo triennio». Dalla commissione Cultura in consiglio comunale assicurano una «ricognizione per avere un quadro della situazione e pensare a un protocollo per l’affidamento». Ogni pezzo d’arte chiuso, infatti, non è solo un altare lasciato al buio o uno scrigno di cultura soppresso, ma anche una fonte di indotto in fumo. 

Stando all’ultimo censimento ufficiale fatto dalla Curia, «il numero complessivo delle chiese del centro storico (Napoli grecoromana, Unesco)», è di «203» strutture. Di queste, «79 sono attive». «75», invece, le chiese «chiuse, in restauro o abbandono». «49» sono «ridotte a uso profano o in cui si svolge attività non di culto». Il report passa poi alla selva delle proprietà: «113» edifici appartengono a Enti Ecclesiastici, «20» al Fec, «15 al Comune», «11 al Demanio», «17 a Enti privati» e ben «26» risultano addirittura di «proprietà non documentata». Va sottolineato che questi dati, risalenti agli anni scorsi, anche a causa della ramificazione delle proprietà, non sono stati mai aggiornati ufficialmente e sono in evoluzione. Proprio su questo sta lavorando, infatti, il Comitato delle Arciconfraternite Commissariate: «Per quanto vecchio, questo è l’ultimo elenco ufficiale - prosegue don Fratellanza - Nell’ultimo triennio, 10 delle 40 chiese di nostra proprietà comprese nel censimento sono state restaurate, aspettano un affidamento o sono state affidate. Il quadro sta migliorando, grazie anche al bonus facciate. Stiamo dando le chiese in convenzione a fondazioni e associazioni. Trovare partner affidabili non è sempre semplice».

San Potito, Portosalvo, Santa Marta, Stella Maris, San Domenico Maggiore: ecco alcune delle chiese affidate o riaperte dall’Arciconfraternita dal 2019. Ma resta un’enormità di strutture inaccessibili. Sono «82» le chiese comunali a Napoli. E tra queste spiccano le dolorose chiusure di Santacroce al Mercato o della Scorziata. E le decine di aperture a singhiozzo, tra cui quella dell’Incoronata di via Medina, o quella - solo su prenotazione - dei preziosi scavi (non sacri) dei Mannesi. Particolare il caso dell’inestimabile cappella rinascimentale Pignatelli in via Nilo, di proprietà del Suor Orsola e rifatta con soldi Unesco: «Restaurata e restituita alla città nel 2018 continua a rimanere chiusa ai turisti che affollano i decumani - denuncia Antonio Pariante del Comitato Portosalvo - A 4 anni dall’inaugurazione, le porte restano sbarrate. A Napoli si contano oltre 500 chiese, ma circa la metà ci risulta in disuso. Quanto all’Incoronata, i dipendenti Inps della zona si erano offerti di ripulire il monumento e assicurare l’apertura, ma la chiesa (spesso piena di rifiuti) risulta affidata alla Napoli Servizi e non si può cedere ad altri». «Grazie al lavoro dell’Università - replica il Suor Orsola - Cappella Pignatelli è stato il primo dei gioielli del grande progetto Unesco a ritrovare la luce. Era chiusa da 50 anni ed era diventata un deposito abusivo di sedie. Attualmente, con la direzione scientifica del professor Pierluigi Leone de Castris, si svolgono numerose attività didattiche, tra cui una visita del presidente del Senato, Elisabetta Alberti Casellati. La Cappella, luogo di studio per dottorandi, è visitabile su prenotazione contattando l’Area Conservazione e Musei del Suor Orsola. Sono in cantiere nuovi progetti di fruizione». 

La burocrazia e le incertezze sugli affidamenti delle chiese rimaste senza preti e personale, sottolineata anche da padre Fratellanza, complica lo scenario del patrimonio d’arte sacra, spesso abbandonato al degrado e al buio delle navate chiuse. Per rispondere agli investimenti in arrivo e diversificare l’offerta turistica partenopea (traino economico di Napoli), che spesso - carente di servizi - si rifugia nel mordi e fuggi, urge una messa a sistema dei beni. «I siti monumentali sono sottoutilizzati - dice il consigliere comunale Luigi Carbone, presidente della commissione Cultura in via Verdi - Faremo una ricognizione in commissione entro 10 giorni: l’accesso resti gratis per i napoletani, ma va creata una circolarità economica nelle chiese d’arte, come avvenuto nel caso virtuoso di Santa Luciella. Il progetto Chiese Aperte è stato messo da parte: il personale di Napoli Servizi fa il massimo, ma non può coprirlo. Servono un quadro aggiornato del patrimonio e un protocollo chiaro per gli affidamenti degli edifici». 

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Il Mattino