Oltre sessantamila euro in contanti, distribuiti in modo diligente in mazzette di piccolo e medio taglio, ma anche oggetti preziosi: diamanti, con tanto di garanzia, di documenti...
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Ma non è l'unica novità che emerge dal blitz messo a segno dai finanzieri del nucleo di polizia tributaria del comandante Domenico Napolitano. Sono spuntati altri foglietti e altri nomi in riferimento al concorso che sarebbe stato truccato - l'ormai famigerato test scritto del febbraio del 2016 per 2013 posti di volontari ferma prefissata quadriennale -, ma anche ad altre prove. Inchiesta monstre, che vede al momento anche 135 avvisi di conclusione delle indagini a carico di concorrenti e dei loro parenti che hanno provato ad acquisire le chiavi di accesso ai test. Una storia che ruota attorno alla figura dell'ingegnere Claudio Testa, destinatario di un ordine di arresto ai domiciliari, figlio della titolare della società vincitrice dell'appalto bandito dal ministero della Difesa per la definizione delle tracce del concorso. È lui la mente dell'algoritmo, assieme a Stefano Cuomo, a sua volta indicato dal gip come il padre del «teorema Stefano». Un sistema tecnicamente blindato, che prevedeva anche un tariffario, fino a 40mila euro per un posto nella Guardia di Finanza, che all'improvviso è sfuggito di mano ai suoi stessi organizzatori. Sempre per motivi economici, perché l'algoritmo sarebbe stato venduto a poche persone, che a loro volta hanno rivenduto la «formula magica» con l'obiettivo di monetizzare. Si è creata una catena sempre più vasta che ha fatto esplodere il caso (anche grazie alla coraggiosa denuncia di un ragazzo che non ha accettato la richiesta di tangente) e che ha fatto scattare le prime perquisizioni della Finanza (all'epoca coordinata dal pm Stefania Buda). Un blitz che spinse Claudio Testa a rovesciare il tavolo - secondo la ricostruzione della Procura di Napoli - confondendo tracce e sigilli, nel tentativo di allontanare da sé ogni sospetto.
Eppure, «l'esistenza della chiave informatica risulta comprovata - scrive il giudice -, oltre che dal contenuto chiaro delle numerose conversazioni telefoniche, dalla documentazione trovata nella disponibilità degli indagati Ciro Fiore, Luigi Masiello, Sabato Vacchiano, Giuseppe Zarrillo e Giuseppe Fastampa». Un giro di notizie riservate che si allarga, algoritmo e pandette cominciano a girare, sempre con la raccomandazione di non diffondere il materiale e sempre in cambio di somme di denaro. Fatto sta che con la seconda immissione del concorso Vfp4 del 2016 (siamo nei primi giorni di giugno), Stefano Cuomo e Fabio Ametrano avrebbero ceduto «la dispensa e l'algoritmo a svariati ragazzi (tra cui, Rocco D'Amelia, Ciro Auricchio ed il cugino omonimo, Luisa Addeo, Alfonso Agretti, Gennaro Esposito, ecc.), per il corrispettivo della somma di 25mila euro». Circostanze che vanno ovviamente dimostrate nel corso di un processo, anche alla luce della determinazione con cui sono pronti a difendere la propria onorabilità tutti i soggetti finora coinvolti. Difeso dai penalisti Simoncelli e Delli Sati, questa mattina il generale Luigi Masiello sarà ascoltato dal gip, nel corso di un interrogatorio nel quale punta ribaltare le conclusioni dell'accusa.
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Il Mattino