Napoli. Il grido di «Un popolo in cammino»: «Non ci servono 250 militari ma maestri di strada e posti di lavoro»

Napoli. Il grido di «Un popolo in cammino»: «Non ci servono 250 militari ma maestri di strada e posti di lavoro»
Non ci servono 250 militari, piuttosto 250 maestri di strada, nuovi posti di lavoro ed una proposta strutturale di rilancio della città. Le camorre vanno sconfitte sul...

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Non ci servono 250 militari, piuttosto 250 maestri di strada, nuovi posti di lavoro ed una proposta strutturale di rilancio della città. Le camorre vanno sconfitte sul piano sociale. È questo in sintesi l'appello che i rappresentanti de 'Un Popolo in cammino', il movimento civico nato all'indomani della morte per mano di clan di camorra del giovane innocente Genny Cesarano, hanno portato oggi al prefetto di Napoli Gerarda Pantalone. «Ci sembra - si legge in una nota diffusa dal movimento a termine del confronto - che l'approccio del Governo sia stato in questi mesi di carattere ordinario, mentre a nostro avviso andrebbe riconosciuta la straordinarietà della crisi sociale che sta investendo Napoli, crisi che richiederebbe di conseguenza interventi strutturali altrettanto straordinari ».


«Abbiamo ribadito - si legge nella nota - come la creazione di un reddito minimo sia un provvedimento necessario e non più rinviabile per consentire alle fasce più deboli di emanciparsi dal ricatto della povertà e delle camorre ». Sul tema della scuola e della proposta educativa il movimento ha ribadito la necessità di scuole a tempo pieno nei quartieri difficili e che sia messa in campo una rete di maestri di strada. «La lotta alla dispersione scolastica - si ribadisce - deve diventare una priorità del Governo nazionale e delle istituzioni locali come è prioritario il tema lavoro per il quale abbiamo indicato una strada per creare nuove opportunità lavorative stabili e dignitose per chi vive a Napoli, e in particolare per i giovani». Sul tema sicurezza si è sottolineato la responsabilità del Governo che, anche dopo le segnalazioni del Popolo in cammino, non ha provveduto a mettere in funzione le telecamere nelle zone a rischio che in alcuni degli ultimi casi di cronaca, avrebbero aiutato ad individuare i colpevoli degli atti violenti.
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Il Mattino