Maurizio Marinella non è solo un imprenditore della moda, è anche un acuto osservatore della città, oltre che il portatore sano del brand di Napoli nel mondo,...
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Andiamo subito al sodo. Che cosa ne pensa di questa campagna elettorale ormai agli sgoccioli?
«È una competizione ancora incerta, secondo me. Credo che Luigi de Magistris e Gianni Lettieri si divideranno la maggior parte dei voti e andranno al ballottaggio».
Da che cosa nasce questa convinzione?
«Li vedo più motivati. De Magistris, poi, favorito dai sondaggi come uscente, è il candidato da battere».
E Valeria Valente?
«L’ho incontrata. Mi ha fatto una buona impressione. È partita svantaggiata perché meno nota agli elettori. Ma sta recuperando».
E Matteo Brambilla dei CinqueStelle?
«Sarà un mio limite, Brambilla sarà anche una persona preparata, con un suo potenziale elettorale, ma non riesco ad appassionarmi ai CinqueStelle. Non riesco a capire se abbiano o meno buone capacità amministrative».
Veniamo a coloro che ritiene i due favoriti. De Magistris la convince?
«All’inizio del mandato l’ho molto attaccato. Adesso ho recuperato. C’è un rapporto più sereno, ma non sopporto i toni urlati e anche volgari come quelli usati nel comizio in cui ha attaccato Renzi. Serve una politica che ragioni e che non urli, per il bene di Napoli».
Cosa pensa, invece, di Lettieri?
«Con lui ho ottimi rapporti. Ci siamo confrontati di recente. Ha toni più tranquilli e meno urlati, ragiona di più. Apprezzo molto la concretezza, in generale. Per anni abbiamo ascoltato solo promesse mai mantenute. Eppure non servono scelte eccezionali, ma solo la normalità».
Ecco, proviamo a definirla questa normalità. Che cosa vorrebbe per Napoli?
«Vorrei che Napoli si riprendesse, naturalmente. Ma mi faccia fare una premessa. Sembra che la città stia vivendo una nuova giovinezza. È piena di turisti che appaiono soddisfatti. Napoli è una città che, per i forestieri, ha un costo della vita molto più allettante rispetto ad altre città. Per mangiare bene e dormire meglio si paga molto meno che altrove. E poi a due passi ci sono Capri, Ischia, Sorrento, Positano, Pompei, Ercolano».
Insomma, la cartolina.
«Sì, ma è chiaro che occorre fare di più. E non dipende solo da chi amministra. Le racconto un aneddoto. Qualche giorno fa, con mio figlio, tornavo a Napoli da Londra. All’imbarco di Gatwick ero in coda con tanti napoletani. Tutto procedeva liscio: file ordinate, tutti gentili, si cedeva il passo alle signore. Arrivati a Napoli, le stesse persone si sono comportate come in preda a un arrembaggio. Scostumati, arroganti. Eppure erano gli stessi di Londra».
Che cosa ne deduce?
«Che a Napoli i napoletani danno il peggio di loro stessi. Occorre impegnarsi a cambiare questa mentalità, ripristinando le regole e la legalità».
Non è stato fatto in questi anni?
«A parole, nei fatti meno o per nulla. Io credo molto nelle potenzialità del turismo. Napoli potrebbe ridiventare la capitale del Grand Tour, ma ci perdiamo nell’inefficienza e non sappiamo fornire servizi pubblici all’altezza. Le faccio un altro esempio».
Prego.
«L’impatto che gli stranieri hanno con le porte d’ingresso alla città è spesso devastante. Alla stazione ferroviaria ho assistito a una scena incredibile che non è neanche rara. Una coppia di olandesi aveva preso un taxi, aveva anche già messo le valigie nel portabagagli. È arrivato un altro tassista che rabbiosamente ha tolto i bagagli dalla prima auto e urlando le ha messe nel suo. La coppia era allibita. Scene simili accadono all’aeroporto e al porto. Basterebbe poco per eliminare queste brutture. In Egitto, dico in Egitto e non in un paese scandinavo, all’arrivo si è accolti dalla polizia turistica. Giovani in divisa che vi informano sugli itinerari e i prezzi dei taxi e dei mezzi pubblici, concordando, se è il caso, direttamente le tariffe per gli stranieri».
Cos’altro ci vorrebbe?
«Un po’ più di pulizia e di decoro urbano. Napoli è un brand eccezionale. Quando vado all’estero e dico che sono napoletano negli occhi dei miei interlocutori si accende una luce particolare, diversa da quella che si accenderebbe se dicessi di essere torinese. Eppure questo brand lo stiamo massacrando con le immagini dei rifiuti, con la Terra dei Fuochi, con la serie Gomorra».
Ma sono descrizioni di una realtà che esiste.
«Non si può negare. Però tutte le volte che viaggio mi sento dire se è vero che a Napoli si sparano e si ammazzano dovunque capiti. Faccio fatica a spiegare che sono fenomeni circoscritti. Poi, le stesse persone che mi fanno queste domande, vengono a Napoli e si arrecréano per quanto vedono. Non bisogna deluderli. La politica si dovrebbe occupare anche dell’immagine della città».
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Il Mattino