Nell'aula c'è fermento. Non tanto per i visitatori inaspettati, ma perché ai vari tavoli si stanno provando le app. Dopo appena sei settimane dall'inizio...
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È solo un passo per accettare il proprio limite e migliorare. «Proprio la settimana scorsa abbiamo tenuto un workshop» spiega Pietro Carracu, uno dei docenti e CEO di Youbiquo. «Un'artista della pixar ha spiegato agli allievi il valore del fallimento. Sbagliare, non riuscire a portare a termine un progetto, in fondo non sono altro che una parte fondamentale del processo creativo. È uno stimolo a capire il proprio limite, a cercare in altri del gruppo, quel talento che manca a se stessi. E quindi saper ascoltare, condividere, confrontarsi».
Una filosofia che all'Academy è stata applicata fin dal primo giorno. «Non è la competizione l'elemento fondamentale della scuola» interviene Francesco Perchiazzi, specialista in UI/UX design. «Ma la crescita attraverso il gruppo, il lavoro di squadra. Il nostro primo impegno, infatti, è stato quello di creare gruppi in cui ci fossero tutte le tipologie di studenti presenti». Nelle prime tre settimane, i docenti oltre a procedere nella didattica hanno osservato i caratteri dei singoli 100 allievi. «Abbiamo visto che si creavano spontanei gruppi a carattere regionale: i napoletani coi napoletani, i baresi coi baresi e così via. Poi emergevano le personalità più estroverse, mentre quelli più timidi si facevano notare appena. Dovevamo rompere questa catena che avrebbe potuto separare e non creare flusso di idee». Così a ogni settore specialistico (programmatori, designer, ingegneri eccetera) hanno assegnato dei colori. «Dopo tre settimane a ciascuno abbiamo consegnato un cartoncino colorato: giallo, rosso, blu... Sei colori che dovevano combinarsi a ciascun tavolo». E così sono nati i gruppi di lavoro attualmente impegnati a pieno ritmo sulle loro prime app.
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