«Quando vengono i carabinieri a salvarmi?». In realtà si è salvata da sola la piccola Joelle (nome di fantasia per tutelarne l'identità), che...
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Un intrigo internazionale: Joelle ha inviato quel messaggio disperato dal tablet, sfruttando un profilo Instagram da lei stessa creato per chiedere aiuto. A 10 anni ha trovato il coraggio di ribellarsi ai maltrattamenti subìti da alcuni connazionali della mamma. Senza soldi, di fatto tenuta reclusa in Germania. Lasciata per intere giornate sola o in compagnia di uomini che, in passato, l'avrebbero anche picchiata. Joelle non doveva avere contatti con il mondo esterno: nessun telefono nè pc nè cellulare. Tranne un tablet, privo di scheda telefonica per impedirle di accedere ai social network. La piccola, però, non s'è persa d'animo: di nascosto ha attivato il wi-fi, sfruttando una connessione libera priva di password di un vicino ristorante e ha chiesto l'aiuto dei carabinieri, inviando un messaggio all'assistente sociale di un Comune nell'area flegrea della provincia di Napoli. Si fidava solo di lei, che da anni segue il suo caso dopo che era stata affidata, senza alcuna autorizzazione, dalla madre naturale a una coppia italiana. E qui inizia l'avventura che sembra il copione di un film: da Napoli l'assistente sociale guida la bambina verso la polizia. Prima le chiede di attivare il geolocalizzatore e quando il cellulare aggancia la cella del distretto di Oberhausen, in Vestfalia, la rincuora e la invita a restare calma e aspettare. Nel frattempo, allerta la procura dei minori presso il tribunale di Napoli, con l'inchiesta coordinata dal sostituto procuratore Ettore La Ragione, chiama il distretto di polizia di Oberhausen e l'ufficio protezione infanzia del Rathaus tedesco.
Il giorno dopo Joelle si ritrova sola in casa: stavolta l'uomo che era con lei dimentica di chiudere a chiave la porta di ingresso. Una dimenticanza che diventa l'ancora di salvezza per la piccola, che manda subito un Sos via web all'assistente sociale e le dice: «Sono scappata. Aiutami a cercare la polizia». Dall'Italia, sfruttando Google maps e i punti di riferimento che la bambina man mano le indica in chat, si riesce a capire che si trova a 800 metri dal distretto di polizia. Joelle non parla tedesco nè inglese, ma perfettamente l'italiano perchè frequenta la quinta elementare di una scuola pubblica. A un tratto la connessione wi-fi per oltre mezz'ora si interrompe. L'assistente sociale dall'Italia chiama, in preda all'ansia, la centrale di polizia e in un tedesco stentato riesce a spiegare quanto sta accadendo: mentre è al telefono, uno dei poliziotti le dice che sta entrando una bambina, di colore, con un tablet tra le mani. Joelle è salva, affidata a un centro tedesco di protezione per minori, mentre della madre si perdono le tracce. Nel frattempo inizia una triangolazione tra procura dei minori, ministero di grazia e giustizia italiano, autorità federale di Bonn e le rispettive ambasciate. Un caso internazionale. Fatto di carte bollate, perizie, relazioni. Tutto complicato dalle norme internazionali sulla tutela dei minori e lo status giuridico ibrido della bambina: nata in Italia da genitori ghanesi, perfettamente integrata a Napoli, eppure ancora priva di cittadinanza. Passano i giorni e grazie all'impegno del tribunale per i minori di Napoli, a un avvocato nominata tutrice di Joelle e all'assistente sociale arriva il visto internazionale per il rimpatrio: due giorni fa l'arrivo a Capodichino e il trasferimento in una località protetta.
«Joelle non si é mai arresa, ha voluto tornare in Italia con tutte le sue forze racconta l'assistente sociale che l'ha salvata - La sua vita, i suoi affetti, la sua sicurezza sono qui. Sembrava impossibile ma ogni funzionario, sia in Italia che in Germania, è stato colpito dalla straordinaria energia di una bambina che da giorni mi ripete che in ognuno di noi c'è sempre una luce che brilla, basta solo trovarla». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino