Un giro di telefonate agli amici: «Venite in piazza stasera che ci divertiamo. Spariamo alle finestre e riprendiamo il tutto con i telefonini. Filmiamo la...
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Perché, ha ragione Vittorio Del Tufo, la stesa è nella nuova simbologia dei giovanissimi della camorra un segno di riconoscimento, il marchio di un potere criminale che deve restare impresso sui muri e sulle case a perenne memoria della sfida agli avversari, ma anche negli occhi e nella mente degli spettatori per caso. La stesa, infatti, non è una tradizionale attività criminale, è un metodo nuovo in sintonia con le modalità di agire e di pensare dei nuovi gangster-camorristi. È essenzialmente un’attività dimostrativa e intimidatoria. Meglio definirla «squadrismo criminale» perché l’unico obiettivo è intimidire gli avversari attraverso il terrore instillato in tutta la popolazione. L’obiettivo è far capire a tutti chi comanda in quel posto, e dimostrare che si può sparare quanto e come si vuole senza essere bloccati né dai nemici né dalle forze dell’ordine. Si tratta di vero e proprio terrorismo criminale. Si tiene in scacco l’intera città per mandare un messaggio ai propri nemici. Esiste un qualcosa di più grave di tutto ciò quando avviene al centro di una città turistica, a ridosso dei principali monumenti e degli abituali percorsi dei visitatori? I due cugini sono appartenenti a un clan del quartiere prima dominato dai cosiddetti Picuozzi, e rappresentano concretamente quella che è ormai una tendenza consolidata nell’ascesa di nuovi elementi nelle gerarchie dei clan Leggi l'articolo completo su
Il Mattino