Napoli, la tabaccheria assaltata dalla babygang. La vittima: «Voglio mollare tutto»

Napoli, la tabaccheria assaltata dalla babygang. La vittima: «Voglio mollare tutto»
«Non si può lavorare in queste condizioni. Dopo l’ennesima rapina viviamo in uno stato di continua agitazione e abbiamo paura di chiunque entri dalla...

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«Non si può lavorare in queste condizioni. Dopo l’ennesima rapina viviamo in uno stato di continua agitazione e abbiamo paura di chiunque entri dalla porta». Così esordisce la titolare della tabaccheria in via Paolo Castaldi e Luigi Sequino a Pianura, nel raccontare l’ultimo raid subìto. Era un giorno come tanti - ricorda - poi all’improvviso tutto è cambiato. Sette ragazzi armati sono entrati terrorizzando lei e la sua collaboratrice. Un minuto di panico in cui hanno portato via poco più di novecento euro. Sessanta secondi indimenticabili che fanno ancora tremare le due donne. Ora lavorano in maniera diversa. Fissano chiunque entri in negozio e stanno attente ad ogni gesto che i clienti fanno al di la del bancone. Basta uno sguardo o un cenno ad allarmarle. Non si sentono più sicure in tabaccheria - nel luogo in cui lavorano da anni - ed è proprio questo a renderle inquiete.


 


«Stiamo ancora tremando - ammettono - e non ci fa piacere essere al centro di questa vicenda. Questa rapina ci ha segnate definitivamente e siamo in uno stato di continua tensione. Non possiamo andare avanti in questo modo». È la prima volta che subite una rapina? «No, purtroppo non è la prima volta ma proprio in questa settimana non ce lo aspettavamo. L’ultimo furto, sempre ad opera delle baby gang, lo abbiamo subito lo scorso 26 marzo e dopo quattro mesi non pensavamo che si potesse ripetere. La delinquenza in zona è fuori controllo e noi commercianti siamo più esposti di prima. Lavoriamo a Pianura da un decennio e la nostra tabaccheria ha subito almeno un assalto all’anno. Prima eravamo sulla strada principale ma poi, sentendoci troppo esposti, abbiamo deciso di trasferirci all’interno del vicolo. Le rapine, però, sono continuate senza sosta. Qualche anno fa ho dovuto addirittura inseguire la Smart con cui fuggirono i rapinatori...». Torniamo al momento del raid. «Stavolta è stato diverso. La paura è stata più forte del solito e le circostanze mi hanno sconvolta. È accaduto nel bel mezzo del pomeriggio, quando la gente è in strada e ci sentiamo tutti più tranquilli. Quando crediamo che ognuno possa proteggere l’altro. Ma le cose non stanno così. Il quartiere è diventato sempre più insicuro e per noi imprenditori le cose non vanno bene». Avete chiesto più sorveglianza in zona? «Sì, lo abbiamo fatto come commercianti e come cittadini. Quattro mesi fa abbiamo firmato una petizione in cui chiedevamo più attenzione alla nostra sicurezza e per le nostre attività. Non vediamo forze dell’ordine pattugliare il quartiere e questo ci preoccupa. Le nostre telecamere di sorveglianza e quelle dei negozi accanto non bastano a fermare i delinquenti perché entrano incappucciati e si sentono protetti. A questo punto dobbiamo fare da soli. Io, ad esempio, ho deciso di blindare il bancone della tabaccheria. Ma non è giusto dover lavorare in questo modo. Non possiamo sentirci in pericolo ogni volta che apriamo la saracinesca. Proprio in questa strada furono ammazzati Luigi e Paolo 19 anni fa e le cose non sono cambiate da allora. Pianura è un quartiere difficile in cui non è semplice contrastare la delinquenza». Vale ancora la pena investire in città? «No, sinceramente non ne vale la pena. Io ho iniziato questa attività dieci anni fa insieme a mio fratello ma poi lui, proprio per questo tipo di difficoltà, ha deciso di andare via e cambiare vita. Io ho famiglia e devo continuare altrimenti seguirei la sua strada. Le difficoltà per un imprenditore che ha voglia di lavorare sono veramente tante. Investire in quartieri periferici è sempre complicato perché si devono fare i conti con il territorio e con la delinquenza che ormai è dilagante. Siamo al centro di un caos che nessuno sembra essere in grado di arrestare e va sempre peggio. Prima venivo al lavoro accompagnata anche da mio marito e dai miei figli ma data la situazione preferisco che restino a casa. Non mi sento in grado di poter garantire l’incolumità di chi è con me e ho deciso di mettere i vetri blindati. È una scelta estrema ma inevitabile».
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Il Mattino