Prima la scoperta del fatto che esistevano i tumori anche nell'antichità, adesso quella dei batteri resistenti. Le mummie aragonesi custodite nelle arche della chiesa...
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L'analisi del microbioma, cioè degli organismi che compongono la flora intestinale, ha mostrato nelle mummie peruviane precolombiane «la presenza di geni batterici particolarmente resistenti agli antibiotici, anche a quelli attuali», spiega Gino Fornaciari, professore di Paleopatologia all'università di Pisa. «Pensiamo che possa dipendere dal fatto che usavano conservare i cereali di cui si nutrivano, principalmente mais e quinoa, in dei silos in cui si sviluppavano dei funghi, che erano degli antibiotici naturali». Di fatto era come se mangiassero cibo 'integratò con gli antibiotici. «Lo stesso tipo di resistenza, anche se in forma minore, è stata rilevata anche nelle mummie dei nobili spagnoli», continua Fornaciari. Anche in questo caso la causa è da rinvenire negli ambienti in cui venivano conservate le farine e il frumento di cui si nutrivano, anche se in forma minore rispetto agli Inca.
L'analisi della flora intestinale delle mummie ha permesso infatti di ricostruirne la dieta, che era più a base di verdure negli Inca, e più a base di carne, spesso bruciacchiata o affumicata, per i nobili, tra cui il duca Ferdinando Orsini. «Ciò dimostra che le mutazioni genetiche sono avvenute naturalmente nei batteri e non sono legare necessariamente agli antibiotici», conclude Fornaciari. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino