Napoli, il sogno d'amore di Loredana e Ferdinando: le nozze dei due fidanzati con sindrome di down

Napoli, il sogno d'amore di Loredana e Ferdinando: le nozze dei due fidanzati con sindrome di down
Si sono conosciuti durante una colonia estiva organizzata dalla Comunità di Sant'Egidio di Napoli e, per Ferdinando, è stato subito amore. Ha iniziato a...

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Si sono conosciuti durante una colonia estiva organizzata dalla Comunità di Sant'Egidio di Napoli e, per Ferdinando, è stato subito amore. Ha iniziato a corteggiare Loredana e, alla fine, si sono messi insieme. Poi, come nelle favole, si sono sposati. Loredana e Ferdinando sono entrambi affetti da sindrome di Down. Oggi si sono giurati amore 'finché morte non ci separì, coronando il loro sogno, cominciato tanti anni fa. A unirli in matrimonio nella Basilica di Santa Restituita, nel Duomo, è stato il cardinale Crecenzio Sepe, arcivescovo della città.


«Quando l'ho vista entrare, ho pensato di amarla - racconta Ferdinando - Dopo che ci siamo fidanzati le ho detto: Ci vogliamo sposare? E dopo un po' di tempo ci siamo sposati, abbiamo dovuto aspettare poi è venuta l'ora». Non solo il coronamento di un amore, ma, «di tutta questa storia, mi piace che andremo a vivere insieme in una casa nostra».

Dopo il sì, Loredana e Ferdinando hanno festeggiato in uno degli spazi della chiesa cattedrale, assieme ai loro familiari, agli amici. Accompagnati, anche oggi, da quelli che sono stati accanto a loro dall'inizio. «Quando mi ha chiesto di sposarlo sono stata felicissima - dice Loredana - Adesso andiamo a vivere insieme, siamo una bella famiglia, ci aiutiamo a vicenda. Io ho molti amici». E rimprovera, scherzando, il marito perché spiega che «ha detto a una persona che conosciamo: Ora sarò solo sopportare mia moglie. Ed è una cosa che non si dice. Deve fare il bravo».


«Per me stata è una gioia immensa, un onore particolare - commenta il cardinale Sepe - questo è stato sicuramente il più bel matrimonio che ho potuto celebrare». «Li ho visti felici, contenti, si sorridevano, si sentivano realizzati - racconta - Lui guardava la sua sposa con gioia e meraviglia, hanno vinto un momento di felicità e io spero che possano vincerla sempre e aumentarla con il loro amore». Il presule evidenzia che «una comunità è viva quando cresce e accoglie soprattutto persone che soffrono di una particolare debolezza e hanno dei limiti, quando sa esprimere anche quella gioia di vita che esiste soprattutto in coloro che sono più deboli». «Accogliere persone disabili, anziani, bambini abbandonati, integrarli dando loro la possibilità di esprimere le proprie potenzialità - conclude - è il vero senso della carità cristiana, quello che ci comanda il Signore di fare, per essere autentici discepoli del suo Vangelo» Leggi l'articolo completo su
Il Mattino