Napoli, ecco chi è il neo vescovo Battaglia: Don Mimmo il prete al fianco degli ultimi

Napoli, ecco chi è il neo vescovo Battaglia: Don Mimmo il prete al fianco degli ultimi
Anche in un tempo così decreto-dipendente, si potrà mai stabilire la povertà per decreto? Qualcuno, traducendo la logica del vangelo, l'ha fatto....

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Anche in un tempo così decreto-dipendente, si potrà mai stabilire la povertà per decreto? Qualcuno, traducendo la logica del vangelo, l'ha fatto. Spiegando con precisione ai suoi fratelli cosa sia la risorsa povertà. Don Mimmo (all'anagrafe ecclesiastica Sua Eccellenza Monsignor Domenico Battaglia) quel suo decreto dal titolo Una Chiesa povera per i poveri, ancora oggi intraducibile anche per parte del mondo cattolico, un anno fa ha deciso di promulgarlo per la sua diocesi di Cerreto-Telese-Sant'Agata affinché si adottasse un uso cristiano del denaro nella comunità cristiana. «Dio - ammonisce in premessa - continua a salvare gli uomini e il mondo mediante la povertà di Cristo, soprattutto nella sua Chiesa che è un popolo di poveri». Quale sarà il suo programma come arcivescovo metropolita di Napoli? Difficile pensare che non sia ispirato allo stesso marchio di fabbrica. E un po' anche dal fatto che presumibilmente Bergoglio, come per tante altre Chiese prestigiose, non manterrà la tradizione che questa di Napoli debba essere sede cardinalizia. In tutti i modi la direzione sembra dettata già con la scelta di Papa Francesco e dalla storia personale ed ecclesiale dell'uomo che ora è chiamato a guidare questa variegata e importante comunità, immersa «in un mondo ricco, indifferente e autoreferenziale - dice ancora per spiegare quel suo decreto-povertà - dove la Chiesa è chiamata a rifiutare ogni compromesso e vestirsi di povertà per essere libera di annunciare il vangelo».

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IL PERCORSO
Da vescovo, don Mimmo traduce la sua esperienza di prete di carità in traccianti per illuminare nuovi sentieri di partecipazione. I piccoli e grandi gesti di aiuto alle fasce più deboli ed emarginate li sta concentrando in un capitolo più generale, in qualche misura politico, in cui dice: «Dobbiamo tendere a una spiritualità della vita economica caratterizzata da sobrietà, condivisione di beni, serietà, competenza e tutela della dignità delle persone».. Ma la strada, nello spirito di Francesco, è segnata. Quasi una premonizione, don Mimmo aveva preso in prestito proprio una frase culto per Napoli, quella sulla carità sospesa indicata sul cestino discreto, ma profondamente esplicativo, posto sulla scrivania del medico santo Giuseppe Moscati: «Chi ha metta, chi non ha prenda». E ancora ai suoi sacerdoti e ai responsabili delle associazioni della sua piccola diocesi sannita ricordava di continuo che la povertà evangelica non chiede un disprezzo assoluto del denaro e dei beni materiali ma «uno sguardo illuminato su di essi e un preciso stile di comportamento».


LE LOTTE


Il nuovo arcivescovo di Napoli è un sacerdote di vicinanza. Non ha mai adottato a distanza i bisognosi. Soccorritore tra i soccorritori delle ferite sociali, soprattutto di quella tra le più sanguinanti in certe periferie, la tossicodipendenza. Dal 2006 al 2015 ha ricoperto l'incarico di presidente nazionale della Federazione Italiana Comunità Terapeutiche, esperienze che si rifanno al Progetto Uomo di don Picchi. L'uomo al centro, e se più debole ancora più centrale nelle scelte dei fratelli cristiani e della società in generale. Anche in Campania don Mimmo aveva seguito alcune comunità Fict. Da vescovo di Cerreto-Telese-Sant'Agata ha avuto il tempo di avviare progetti per il lavoro a giovani in difficoltà (in particolare la sperimentazione della prima cooperativa sociale di comunità iCare), favorire la nascita della Casa delle donne e della Casa della pace e dare testimonianze attive su temi di particolare attualità e urgenza, tra cui la tutela del diritto alla salute come dimostrano le battaglie per i presidi ospedalieri di Sant'Agata e Cerreto. Ha introdotto la rivista mensile Voci e volti con protagoniste tutte le persone senza voce e i giovani senza volto. Per gli scarti, indicati da Papa Francesco come prodotto di questa società arrembante e vuota, una ripartenza accompagnata. Ecco la filosofia che don Mimmo in quattro anni di guida pastorale ha trasmesso ai fedeli di piccole ed emblematiche comunità dell'entroterra campano. Quelle cosiddette aree interne che, insieme agli altri cinque vescovi del Sannio, ha contribuito a riportare sotto i riflettori perché la politica potesse accorgersene e essa stessa spingere finalmente l'interruttore che, nell'ambito della più generale questione Sud, potesse almeno accendere uno spicchio di aurora. La lettera-denuncia dei vescovi, autoproclamatisi sentinelle del mattino, La Mezzanotte del Mezzogiorno, si è trasformata in una rinnovata spinta della Chiesa sui temi di fondo della dottrina sociale e in un diverso e più deciso impegno socio-politico dei cattolici. La sfida è ridurre le distanze. «Viviamo un tempo di incamminati - ripete infatti don Mimmo al clero diocesano all'annuncio della sua nuova nomina - in cui tutto dovrà farsi più vicino: Dio a noi, noi agli altri, noi a noi stessi; in cui impariamo che cosa sia davvero necessario, tra cui certamente tracciare cammini di incontro».
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Il Mattino