Quando e in che modo sono partite le prime segnalazioni? E quale esito hanno avuto? È il punto cruciale dell'inchiesta sui tre decessi all'interno dell'ospizio...
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Chiara la strategia investigativa: si poteva - anzi: si doveva - intervenire subito, alle prime avvisaglie, ai primi sintomi. Almeno due vite potevano essere salvate, mentre si poteva risparmiare a decine di nuclei familiari il calvario di trasferimenti improvvisi e dolorosi sotto il profilo affettivo. Inchiesta condotta dal pool guidato dal procuratore aggiunto Simona Di Monte, si lavora sulle cartelle cliniche, ma anche sulle testimonianze emerse fino a questo momento (per altro puntualmente riportate sulle pagine di questo giornale), a proposito di segnalazioni andate a vuoto. Ma proviamo a fare chiarezza. Stando a una nota firmata lunedì 31 marzo da parte del legale de La casa di Mela, i tamponi sono stati effettuati dopo il decesso della prima ospite solo dopo aver segnalato l'esistenza di un probabile caso di contagio al numero verde dell'emergenza Covid 19, all'Asl e finanche al centralino di polizia. Sempre secondo la ricostruzione degli amministratori della casa famiglia, nei giorni precedenti al primo decesso erano state avanzate richieste di tamponi, appena comparsi i primi sintomi sospetti. Una ricostruzione che va verificata, in una vicenda che punta a fare chiarezza sulla triangolazione tra ospizio, medici di base e asl. Accertamenti delegati ai carabinieri del Nas, agli ordini del comandante Vincenzo Maresca e del maggiore Gennaro Tiano, cui spetta il compito di mettere insieme i vari tasselli di questa storia. Un caso probabilmente simile a quanto avvenuto anche in altre case di cura o residenze per anziani, che hanno fatto registrare un picco di contagi, con l'inevitabile corredo di lutti tra ospiti, pazienti e dipendenti. E a voler guardare neanche tanto lontano, la girandola di eventi che si è concentrata a Fuorigrotta in pochi giorni ricorda quanto avvenuto a Milano nelle principali strutture di assistenza per anziani. Anche qui qualcosa è saltato sotto il profilo delle segnalazioni, degli allarmi inascoltati, degli interventi tardivi.
È in questo scenario che a Napoli la Procura ha deciso di non lasciare nulla di intentato. È stata eseguita l'autopsia sul corpo delle persone decedute in queste circostanze, per fornire elementi certi in vista di eventuali processi, qualora si decidesse di procedere per omicidio colposo o per epidemia colposa. Non si tratta solo di fare uno screening sui casi sospetti, ma di congelare prove destinate a diventare decisive quando - terminata l'emergenza sanitaria - bisognerà fare i conti con le singole responsabilità individuali al cospetto di un giudice. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino