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Sembrava rassicurante, sereno e finanche compassionevole, poche ore prima di uccidere la moglie. Sembrava pronto ad affrontare la nuova condizione con spirito costruttivo, all’insegna di un rapporto civile e di pacifica dialettica a distanza. Tutto ciò al punto tale da chiamare la ex convivente, madre del proprio figlioletto di appena tre anni con il diminutivo di Orny, la prof Ornella Pinto, la donna uccisa lo scorso 13 marzo.
È questo uno dei punti che emerge dalla ordinanza di custodia cautelare notificata a carico di Giuseppe Iacomino, l’uomo arrestato per omicidio volontario con l’aggravante della crudeltà e della premeditazione. Un messaggio via whatsapp del 12 marzo scorso: «Ho perso un tesoro, tu sei la cosa più bella che mi potesse capitare nella vita... anche se non ho le spalle larghe per poter affrontare questa nuova condizione». E sempre nello stesso messaggio diceva: «So che non dovrei scriverti e non dovrei assillarti, mi aiuti solo a trovare una sistemazione?».
Si mostrava premuroso verso la donna che aveva deciso di troncare la relazione di fronte alle sue continue intemperanze caratteriali, al suo vizio di alzare la voce e di assumere toni bruschi anche per cose di poco conto (come ha avuto modo di chiarire ai pm la sorella della vittima). Eppure poche ore dopo un messaggio all’insegna della tenerezza e del rispetto reciproco, l’incursione in casa sua, in via Cavolino, con le chiavi di casa e armato di un coltellaccio da cucina prelevato dalla cucina di un albergo di famiglia. Inchiesta condotta dal pm De Cristoforo (che ieri ha ascoltato due sorelle di Ornella) e del procuratore aggiunto Raffaello Falcone, che sembra chiudere il caso, anche alla luce della autopsia: stando ai rilievi tecnici, la donna sarebbe stata ammazzata nel sonno, senza alcuna possibilità di difendersi. Quindici coltellate, a ripetizione, la prima tra le spalle e il torace, mentre Ornella dormiva rivolta sul fianco. Un dato agghiacciante, al di là della dinamica, perché smentisce le prime dichiarazioni rese da Iacomino, una volta consegnati i polsi ai carabinieri in provincia di Terni, dopo aver ammazzato la moglie.
Cosa aveva detto la mattina del 13 marzo, l’assassino? Aveva detto che da un paio di mesi la compagna da cui aveva avuto un figlio aveva deciso di chiudere il rapporto. Quella notte, stanco di dormire in auto, era andato a casa per intrecciare un dialogo con Ornella, dando inizio a un litigio dalle conseguenze drammatiche: «Abbiamo litigato, è stato un momento, ho preso un coltello dalla cucina e l’ho colpita. Il primo fendente al petto». Falso, secondo l’equipe di medici guidata da Pietro Tarsitano. Secondo il gip Saverio Vertuccio, la ricostruzione dell’uomo non è aderente alla realtà. E l’omicidio di Ornella non può essere ricondotto a un raptus estemporaneo, ma a qualcosa di maturato nel tempo, come emerge dalle indagini sul coltellaccio usato per uccidere una donna indifesa nel sonno, ma anche dalle testimonianze messe agli atti e dalle stesse risultanze tecniche in fase di autopsia.
È uno dei punti dell’ordinanza.
Il Mattino