Napoli, l'operaio ferito ai Quartieri: «Vado via, non si può vivere rischiando di essere uccisi per errore»

Napoli, l'operaio ferito ai Quartieri: «Vado via, non si può vivere rischiando di essere uccisi per errore»
«Non si può rischiare la vita così». Mentre pronuncia queste parole, Vittorio Vaccaro, cerca di ricostruire gli attimi in cui è stato colpito da...

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«Non si può rischiare la vita così». Mentre pronuncia queste parole, Vittorio Vaccaro, cerca di ricostruire gli attimi in cui è stato colpito da un proiettile a pochi passi dalla sua abitazione, tra i vicoli dei Quartieri Spagnoli. Il 62enne napoletano, ricoverato per una frattura al gomito nel reparto di Ortopedia, al Vecchio Pellegrini, non nasconde l’amarezza di vivere in una città «dove ci si ritrova ad aver paura anche di camminare in strada», dicendosi sollevato per la prospettiva (messa in cantiere da tempo) di lasciare la zona. 


Cosa ricorda della sparatoria?
«Mi trovavo davanti alla palazzina dove abito perché stavo aspettando che scendesse mia moglie. Volevamo fare una passeggiata e berci un caffè in piazza Carità, come facciamo spesso verso le sette di sera. Poco prima degli spari, stavo guardando una bancarella con dei meloni e le ultime parole che ho pronunciato, prima di vedere il mio sangue, sono state con lo srilankese che vende la frutta. Poco dopo, mi sono girato verso il citofono, per chiamare mia moglie. Non ho fatto in tempo a pigiare il tasto e ho sentito almeno quattro spari e un forte bruciore al gomito». 

Ha capito di essere stato ferito? 
«Ho provato improvvisamente un forte dolore. La sensazione è stata come uno spillo che mi aveva trapassato il gomito. Ho visto il sangue e ho capito subito che mi avevano colpito con un proiettile. La prima cosa che ho fatto, istintivamente, è stata muovere il braccio e la mano. Subito dopo ho urlato e chiamato aiuto. Ricordo di aver gridato con tutte le mie forze: “mi hanno colpito, portatemi in ospedale”. È accaduto tutto velocemente. Molte persone si sono avvicinate per aiutarmi e due ragazzi in scooter si sono offerti di accompagnarmi in ospedale». 

È riuscito a vedere chi ha sparato? 
«Ho visto una sagoma e la pistola ma non sono riuscito a distinguere la figura che è fuggita a piedi, dopo gli spari. Successivamente, ho saputo che anche un altro uomo era stato ferito ed è ricoverato in gravi condizioni. Ci potevo essere io al suo posto e, devo ammettere, che mi sono sentito miracolato. Il mio pensiero va a lui e ai suoi familiari. A me è andata bene. Ho un pezzo di proiettile nel gomito destro che non mi ha compromesso la mobilità. Dovrò essere operato ma dopo il tumore che ho avuto, è la seconda volta che sento di avere una nuova vita davanti». 

Ha avuto paura? 
«In realtà, non ho avuto il tempo di avere paura quando sono stato ferito. In quel momento, ho vissuto tutto in maniera confusa e istintiva. L’unico pensiero predominante, è stato non far preoccupare mia moglie che, una volta scesa in strada, ha saputo dell’accaduto dalle persone che mi avevano visto sanguinante. Appena arrivato in ospedale, l’ho chiamata per rassicurarla e ho fatto la stessa cosa con i nostri due figli. La paura è sopraggiunta dopo. Quando ho pensato che sarei potuto morire o essere ferito più gravemente. Ammetto però che è sopraggiunta anche la rabbia». 

Perché ha provato rabbia? 
«Per le notizie che sono circolate e che mi descrivevano come una persona che aveva avuto problemi con la legge. Sono una delle tante vittime innocenti delle sparatorie che mortificano la nostra città. Sono un uomo perbene e incensurato. Ho sempre lavorato e assicurato il benessere alla mia famiglia con dignità. Sono stato per tanti anni, uno dei dipendenti della ditta che si occupava della distribuzione del vitto per alcuni ospedali napoletani. Dopo il tumore, non posso più lavorare coi ritmi di prima». 

Tra poco cambierà quartiere, si sente sollevato? 


«Vivo da più di quaranta anni ai Quartieri Spagnoli che amo e il mio trasferimento in un altro quartiere è stato programmato mesi fa, non c’entra nulla con questo episodio. Però devo ammettere che provo sollievo a lasciare questa zona, perché non si può vivere con la paura di essere feriti o uccisi “per sbaglio”. La notte prima del mio ferimento, avevamo sentito diversi spari in strada e non è giusto vivere così».


 

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Il Mattino