Il pronto soccorso del Cardarelli è come il traffico a Napoli: vive un perenne rischio di congestione. Basta la pioggia (in questo caso l’affluenza di pazienti), una...
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Si comincia dal grande salone del pronto soccorso, sul tabellone si contano 61 malati in attesa, 2 codici rossi, 24 gialli e 34 verdi. Qui il tutto esaurito potrebbe essere anche la norma perché i malati giunti in accettazione sono in fase di valutazione. Dunque da destinare ai ricoveri oppure, nei casi meno gravi, in Osservazione breve detta Obi (valutazione che dovrebbe durare fino a 36 ore) ovvero da dimettere con delle prescrizioni. E invece si crea il grande imbuto. I malati in fila su dozzine di lettighe attendono di essere visitati, altrettanti, quasi tutti anziani e malconci, aspettano il turno su sedie e poltroncine. Le barelle sono finite. Uno di essi ha la sacca del catetere piena di sangue. L’emergenza è urologica. Non ce la fa più, è lì da diverse ore, vorrebbe almeno un letto. Il medico passa e raccomanda agli infermieri di attribuirgli la prima barella che si libera. Passiamo in Obi: non c’è la bolgia dell’epidemia influenzale dello scorso anno e l’area antistante il reparto è libera ma dentro ci sono 55 pazienti. Una buona parte avrebbe bisogno del ricovero. Ai piani superiori i corridoi di medicina e chirurgia di urgenza, neurologia, neurochirurgia e Utic sono piani di barelle, se ne contano da 9 e 14. Il Piano antibarelle messo a punto due anni fa? È sostanzialmente fermo.
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Prevedeva di attivare, nell’area del pronto soccorso, dalle 8 alle 20, una zona a bassa complessità assistenziale destinata a trattare i codici verdi e bianchi, gestita da un dirigente medico e da un infermiere. Inoltre dai principali reparti posti a valle del pronto soccorso, alle 9 di ogni mattina, dovrebbero arrivare al bed manager le disponibilità di almeno 18 posti in Medicina interna, 3 in Chirurgia generale e specialistica, altrettanti in Chirurgia generale, 2 nell’unità trapianti e 6 nel dipartimento oncopneumoematologico. E invece da lunedì scorso dai 15 padiglioni e dai 956 letti di cui è dotato il Cardarelli la disponibilità ad accogliere pazienti dall’emergenza è col contagocce. Solo ieri si sono liberati una manciata di posti nelle tre Medicine, in Diabetologia, in Oncologia e in Chirurgia. Troppo poco per liberare l’ingorgo.
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Il manager del Cardarelli Giuseppe Longo, dopo il servizio di “Striscia” dell’altra sera è intento a redigere una dettagliata relazione chiesta dal governatore. È al timone da soli tre mesi ma ha le idee chiare. «In quel servizio una parte è spettacolo - avverte - le coperte ci sono e le forchette pure. Un’altra è invece veritiera: sicuramente ci sono barelle nei corridoi - ammette - perché la domanda di ricovero in emergenza urgenza è altissima e supera la capacità ricettiva». Snocciola i numeri: oltre 83mila e 600 accessi nel 2018, in media 229 al giorno con punte che sfiorano 300. Nel 29% dei casi segue il ricovero (oltre 24 mila) per una media di 63 ricoveri al giorno. L’84% giunge con mezzi propri, il 13% col 118 e l’1% da altri ospedali. In maggioranza sono malati cronici e anziani, con polipatologie. Le barelle? «Con questi numeri diventano posti letto tecnici senza negare assistenza».
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Longo non è certo rassegnato e ha un programma di breve, medio e lungo termine. «In attuazione del Piano ospedaliero entro tre mesi - anticipa - realizzeremo in pronto soccorso un nuovo reparto di Accettazione e urgenza con 16 posti di cui 6 da attivare subito. Gli spazi? Già individuati, basterà spostare pareti». Allo studio anche un trauma center destinato a decongestionare la chirurgia d’urgenza e la neurochirurgia. I tempi saranno più lunghi, si dovranno fare le gare. Subito invece saranno potenziati i servizi diagnostici. «Abbiamo reclutato 2 pneumologi, alcuni gastroenterologi e radiologi (questi ultimi dalle unità interne), per garantire turni pomeridiani e indagini entro 3 giorni evitando le attese che ingolfano i reparti e ritardano le dimissioni e dai reparti giungeranno in pronto soccorso consulenze giornaliere per individuare i pazienti da ricoverare o da dimettere». In prospettiva per il trasporto interno si sfrutteranno i sotterranei con percorsi mobili.
Centrali, nel piano del manager, le azioni di “umanizzazione” del pronto soccorso: qui personale (anche specializzando) sarà destinato a girare tra i malati per effettuare controlli della pressione e dei parametri vitali, segnalare peggioramenti durante l’attesa e mitigare lo stress. Si pensa anche a carreli per distribuire bevande calde e snack e a televisori a circuito. «La parte del leone per fare filtro agli accessi in pronto soccorso - conclude Longo - la svolgerà il Piano territoriale appena approvato dal ministero».
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Il Mattino