Napoli, assalto al pronto soccorso del Cardarelli: pazienti «parcheggiati» sulle barelle

Napoli, assalto al pronto soccorso del Cardarelli: pazienti «parcheggiati» sulle barelle
di Ettore Mautone
Giovedì 21 Novembre 2019, 23:00 - Ultimo agg. 22 Novembre, 11:26
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Il pronto soccorso del Cardarelli è come il traffico a Napoli: vive un perenne rischio di congestione. Basta la pioggia (in questo caso l’affluenza di pazienti), una strada rotta (come lo stop notturno ai ricoveri in ortopedia al Cto), una frana (come l’avaria degli endoscopi in gastroenterologia all’ospedale del mare) per far saltare l’equilibrio e virare verso il l’ingorgo. Ieri all’orario di visita l’intero padiglione di emergenza era zeppo di barelle.

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Si comincia dal grande salone del pronto soccorso, sul tabellone si contano 61 malati in attesa, 2 codici rossi, 24 gialli e 34 verdi. Qui il tutto esaurito potrebbe essere anche la norma perché i malati giunti in accettazione sono in fase di valutazione. Dunque da destinare ai ricoveri oppure, nei casi meno gravi, in Osservazione breve detta Obi (valutazione che dovrebbe durare fino a 36 ore) ovvero da dimettere con delle prescrizioni. E invece si crea il grande imbuto. I malati in fila su dozzine di lettighe attendono di essere visitati, altrettanti, quasi tutti anziani e malconci, aspettano il turno su sedie e poltroncine. Le barelle sono finite. Uno di essi ha la sacca del catetere piena di sangue. L’emergenza è urologica. Non ce la fa più, è lì da diverse ore, vorrebbe almeno un letto. Il medico passa e raccomanda agli infermieri di attribuirgli la prima barella che si libera. Passiamo in Obi: non c’è la bolgia dell’epidemia influenzale dello scorso anno e l’area antistante il reparto è libera ma dentro ci sono 55 pazienti. Una buona parte avrebbe bisogno del ricovero. Ai piani superiori i corridoi di medicina e chirurgia di urgenza, neurologia, neurochirurgia e Utic sono piani di barelle, se ne contano da 9 e 14. Il Piano antibarelle messo a punto due anni fa? È sostanzialmente fermo. 

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Prevedeva di attivare, nell’area del pronto soccorso, dalle 8 alle 20, una zona a bassa complessità assistenziale destinata a trattare i codici verdi e bianchi, gestita da un dirigente medico e da un infermiere. Inoltre dai principali reparti posti a valle del pronto soccorso, alle 9 di ogni mattina, dovrebbero arrivare al bed manager le disponibilità di almeno 18 posti in Medicina interna, 3 in Chirurgia generale e specialistica, altrettanti in Chirurgia generale, 2 nell’unità trapianti e 6 nel dipartimento oncopneumoematologico. E invece da lunedì scorso dai 15 padiglioni e dai 956 letti di cui è dotato il Cardarelli la disponibilità ad accogliere pazienti dall’emergenza è col contagocce. Solo ieri si sono liberati una manciata di posti nelle tre Medicine, in Diabetologia, in Oncologia e in Chirurgia. Troppo poco per liberare l’ingorgo.



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Il manager del Cardarelli Giuseppe Longo, dopo il servizio di “Striscia” dell’altra sera è intento a redigere una dettagliata relazione chiesta dal governatore. È al timone da soli tre mesi ma ha le idee chiare. «In quel servizio una parte è spettacolo - avverte - le coperte ci sono e le forchette pure. Un’altra è invece veritiera: sicuramente ci sono barelle nei corridoi - ammette - perché la domanda di ricovero in emergenza urgenza è altissima e supera la capacità ricettiva». Snocciola i numeri: oltre 83mila e 600 accessi nel 2018, in media 229 al giorno con punte che sfiorano 300. Nel 29% dei casi segue il ricovero (oltre 24 mila) per una media di 63 ricoveri al giorno. L’84% giunge con mezzi propri, il 13% col 118 e l’1% da altri ospedali. In maggioranza sono malati cronici e anziani, con polipatologie. Le barelle? «Con questi numeri diventano posti letto tecnici senza negare assistenza». 

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Longo non è certo rassegnato e ha un programma di breve, medio e lungo termine. «In attuazione del Piano ospedaliero entro tre mesi - anticipa - realizzeremo in pronto soccorso un nuovo reparto di Accettazione e urgenza con 16 posti di cui 6 da attivare subito. Gli spazi? Già individuati, basterà spostare pareti». Allo studio anche un trauma center destinato a decongestionare la chirurgia d’urgenza e la neurochirurgia. I tempi saranno più lunghi, si dovranno fare le gare. Subito invece saranno potenziati i servizi diagnostici. «Abbiamo reclutato 2 pneumologi, alcuni gastroenterologi e radiologi (questi ultimi dalle unità interne), per garantire turni pomeridiani e indagini entro 3 giorni evitando le attese che ingolfano i reparti e ritardano le dimissioni e dai reparti giungeranno in pronto soccorso consulenze giornaliere per individuare i pazienti da ricoverare o da dimettere». In prospettiva per il trasporto interno si sfrutteranno i sotterranei con percorsi mobili. 

Centrali, nel piano del manager, le azioni di “umanizzazione” del pronto soccorso: qui personale (anche specializzando) sarà destinato a girare tra i malati per effettuare controlli della pressione e dei parametri vitali, segnalare peggioramenti durante l’attesa e mitigare lo stress. Si pensa anche a carreli per distribuire bevande calde e snack e a televisori a circuito. «La parte del leone per fare filtro agli accessi in pronto soccorso - conclude Longo - la svolgerà il Piano territoriale appena approvato dal ministero». 
 

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