La mia Napoli, Paolo Torino: «Dai vicoli alle Vele reggendo il faretto»

La mia Napoli, Paolo Torino: «Dai vicoli alle Vele reggendo il faretto»
Via Crispi, ore 7.15: non un minuto prima non uno dopo. 'O comandante riceveva il suo medico di fiducia. Pressione, battito cardiaco, respirazione e controllo dei farmaci....

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Via Crispi, ore 7.15: non un minuto prima non uno dopo. 'O comandante riceveva il suo medico di fiducia. Pressione, battito cardiaco, respirazione e controllo dei farmaci. Puntuale come un orologio il dottore Andrea Torino ogni mattina bussava alla porta di Villa Lauro: un rituale necessario più al benessere mentale dell'armatore che fisico. Qualche volta il dottor Torino si faceva accompagnare dal figlio, Paolo, ragazzino educato e intraprendente, e per questo nelle grazie del Comandante.

Sveglia di buon mattino.
«Ci andavo volentieri. Alzarmi presto non mi pesava neanche tanto».

Napoli all'alba.
«Quello era l'appuntamento con Lauro. Ritardo non previsto. Ricordo come fosse ieri che ci accoglieva in accappatoio, passeggiava sulla terrazza e riceveva persone: da Ferlaino ai vertici della flotta Lauro senza mai vestirsi».

Poi la visita medica.
«Non aveva nulla. E però ci teneva che mio padre lo visitasse tutti i giorni. Da ipocondriaco qual era la presenza del medico lo rassicurava per l'intera giornata».

Colazione a Villa Lauro, insomma.
«Sul serio. C'era sempre la tavola imbandita: caffè, tè, torte e poi i prodotti della sua terra, ne andava fiero. Amava i fichi che a me invece non piacevano affatto».

Intanto suo padre gli misurava la pressione.
«Una volta lo fece partire di gran corsa per la Liguria: era in vacanza a bordo del Karama, un panfilo tutto di legno, barca incredibile. Lamentava un forte mal di denti ma quando mio padre mise piede a bordo lui stava benissimo».

Effetto placebo, insomma.
«Grande stima, aggiungo reciproca, e profonda fiducia. E infatti fu proprio durante una di queste visite che il Comandante gli comunicò l'intenzione di affidargli la direzione di Canale 21».

Un medico alla guida di una tv?
«Mio padre il pallino dell'imprenditoria lo aveva sempre avuto. È chiaro che in quella circostanza rimase molto sorpreso e ebbe pure qualche dubbio».

Però poi accettò.
«Al Comandante non si poteva dire di no. E chi lo ha conosciuto lo sa bene».

Così comincia l'avventura.
«In pochi giorni abbandonò il camice bianco per occuparsi di alta e bassa frequenza, informazione, giornalisti, maestranze».

Un mondo tutto da scoprire.
«Infatti studiava. Lavorava molto e nello stesso tempo si informava per evitare di commettere errori dovuti all'inesperienza».

Anche Lauro, però. Dalla flotta all'etere: due mondi completamente diversi.
«Dico sempre che il Comandante è stato l'antesignano di Berlusconi. Nel 76 - benché si occupasse di altro - aveva già capito le potenzialità delle frequenze tv».

Quindi?
«Non si tirò indietro quando l'ingegnere Pietrangelo Gregorio - ideatore nel 66 della prima emittente via cavo - gli propose di finanziare l'operazione Canale 21».

Da qui Lauro editore.
«Era il 1976, aveva circa novant'anni ma la testa e la progettualità di un trentenne. In ogni caso dopo un primo periodo di assestamento l'emittente divenne un vero e proprio punto di riferimento per tutti i napoletani».
Dal Tormentone di Angelo Manna a Tutto il calcio patuto per patuto con Mario Savino. Trasmissioni cult che hanno fatto la storia della tv locale.
«Non solo. In tanti ricordano ancora C'era una volta il festival di Egisto Sarnelli; Stasera Napoli, il programma di Mario Trevi; Linea diretta con l'ingegnere Gregorio che rispondeva alle telefonate dei telespettatori. Il telegiornale, naturalmente: da sempre, con lo sport, punto di forza della nostra emittente»

E lo strip-tease?
«Successo strepitoso: si registrava nei nostri studi e nessuno, tranne gli operatori, aveva il permesso di entrare».

Audience alle stelle.
«La Rai poco dopo le 23 interrompeva le trasmissioni. Alla stessa ora Canale 21 partiva con Notturno napoletano. Grande riscontro di pubblico».

Luci rosse, insomma.
«Programmazione per adulti: spogliarelli e qualche film un po' più spinto ma senza esagerare».

E lei? La sua Napoli in tv?
«Ho cominciato portando il faretto: da Posillipo a Scampia tra omicidi, sparatorie, crolli e rapine. Ogni tanto capitava pure qualche buona notizia per fortuna».

Portare il faretto?
«Non esistevano i mezzi di oggi. Per il telegiornale si usciva in tre: giornalista, operatore e un terzo che portava la luce necessaria a illuminare il luogo o il soggetto da riprendere. Ecco, io reggevo quella luce».

Il gradino più basso.
«La gavetta l'ho fatta tutta. Se oggi conosco a fondo la televisione lo devo a mio padre che mi impose di cominciare così. Ho preso il suo posto nel 2005 quando purtroppo ci ha lasciato. Ora siamo un'azienda familiare con mia sorella Tiziana e i cugini Alfonso e Lorenzo».

E Achille Lauro?
«Morì nell'82. Papà rilevò le sue quote e un po' alla volta anche quelle degli altri soci».

La tv andava bene quindi.
«Basta dire che il vincitore del festival di Sanremo, dopo aver partecipato a Domenica in, veniva a promuovere il disco a Canale 21. Ricordo ancora Al Bano e Romina, pure Benigni: prese parte alla trasmissione che conduceva Vittorio Marsiglia».

L'emittente dei napoletani a pieno titolo.
«C'è un episodio, direi emblematico, che mi raccontò Necco».

Quale?


«Anno 1980. Un'esplosione provocò gravi danni in un palazzo alla Ferrovia. Luigi piombò lì quasi subito con la troupe del Tg3. Una donna gli andò incontro urlando è arrivato Canale 21. Signora, siamo la Rai. O vèr'? Che peccato!».
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Il Mattino