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Nel grande hub di Città della Scienza c'è un mini-padiglione chiamato Casa Cina, un centro internazionale «di trasferimento tecnologico». È un polo destinato a crescere sul fronte della ricerca, degli investimenti in innovazione e della partnership culturale con Pechino che ha portato, negli ultimi quattro anni, alla realizzazione di start up per oltre un milione di euro e favorito scambi di esperienze e relazioni tra circa duecento ricercatori. Insomma, rapporti di reciprocità che perdurano da almeno undici anni e che sono stati soltanto interrotti dalla pandemia. Dunque, è tempo di riannodare i fili, hanno convenuto l'ambasciatore cinese in Italia Li Junhua e il presidente della fondazione Idis-Città della Scienza Riccardo Villari, promotori di un seminario di studi al quale hanno partecipato esponenti di primo piano del distretto aerospaziale campano, dell'università, del Cnr, del Cira, del Mann. Città della Scienza coordina due ampi progetti di ricerca: il Sino-Italian Exchange Event, promosso dalla Regione Campania e dedicato all'internazionalizzazione dei sistemi regionali di ricerca e impresa; e il China-Italy Innovation Forum, programma di cooperazione scientifica e tecnologica sostenuto dai governi dei due Paesi attraverso i ministeri di riferimento, un sistema sinora in grado di produrre 140 nuovi accordi di cooperazione tra enti e imprese italiane e cinesi.
Tra gennaio e luglio 2021, l'interscambio bilaterale tra Cina e Italia ha superato i 41,1 miliardi di dollari, registrando una crescita dello 41,2%. Le esportazioni italiane in Cina hanno registrato un incremento del 63,2%.
«Con la ricerca nel campo del polimeri e delle applicazioni tecnologiche siamo già molto avanti», spiega Luigi Ambrosio, del Cnr, tra i partecipanti al meeting assieme a Maria Teresa Coppola (Fondazione Pascale), Giuseppe Morsillo (Cira), Amelia Menna (Ufficio Scientifico del Mann). Le applicazioni in campo medico-sanitario, diagnostico, in ottica multi-dimensionale, sono molteplici. «Le relazioni tra Italia e Cina, al cui sviluppo la nostra Fondazione ha da sempre contribuito, non si sono mai fermate durante questa fase della pandemia facendo tesoro della cooperazione tra operatori italiani e cinesi consolidata nel corso degli anni - sottolinea Villari - La nostra struttura resta un punto cardine di questo meccanismo, anche in prospettiva, per rafforzare il dialogo tra enti di ricerca, università, cluster tecnologici».
LE VERIFICHE
E tuttavia non basta sottoscrivere accordi; bisogna anche verificarne la durata e i campi di applicazione. Per esempio, su 80 intese bilaterali siglate tra il 2015 e il 2019 soltanto il 18% ha raggiunto il livello 4, vale a dire la stipula di ulteriori contratti e fasi di sviluppo di studi precedenti mentre il 32% delle stesse intese è rimasto privo di ulteriori azioni di follow up. La prossima sfida è la transizione energetica. Ma su questo versante la strada appare in salita.
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Il Mattino