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Il Covid non ferma le ruspe e negli ultimi mesi, dopo una pausa dovuta al lockdown, le demolizioni delle case di necessità a Napoli e provincia sono state numerose dai Campi Flegrei alle isole di Capri e Ischia. Agli inizi di febbraio l'appello disperato della famiglia Vitale di Pianura - la cui abitazione seppur con licenza edilizia è pronta per essere demolita - ospita bimbi piccolissimi e una donna incinta che non hanno alternativa abitativa, ha fermato l'abbattimento almeno temporaneamente. Ma poche settimane prima era stata demolita la casa dei Fabozzi a Quarto, quella dei Di Nunzio a Pozzuoli, ancora edifici abusivi ma condonati a Cardito, nel Vesuviano, ne Monti Lattari, a Ischia.
Dopo aver inviato diverse istanze ai politici, ieri mattina decine di manifestanti dei vari comitati popolari di Napoli e provincia hanno protestato davanti al palazzo del consiglio regionale al Centro Direzionale, urlando il proprio «diritto alla casa». Tra le richieste l'attuazione della mozione in materia di «Graduazione delle demolizioni giudiziali ex art. 31 co 9, delle d.p.r 380/011 e sospensione temporanea delle demolizioni delle case di necessità abitate da persone sprovviste di alloggio alternativo», votata all'unanimità dal consiglio regionale della Campania ma in attesa del vaglio del governo.
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Una delegazione di manifestanti è stata ricevuta dal consigliere di Fratelli D'Italia Marco Nonno, il quale ha chiesto un tavolo a Luca Cascone, presidente della commissione Trasporti, Urbanistica e Lavori Pubblici.
I manifestanti, tutti proprietari di prime case per cui hanno fatto istanze di condono e pagato tasse, ritengono che la prassi degli abbattimenti secondo le norme vigenti tutelino l'abusivismo speculativo. «Oggi il patrimonio edilizio italiano - prosegue Cardamuro - in particolare campano dove ci sono circa un milione di fabbricati abusivi e 300mila sentenze passate in giudicato rischia di ridursi in macerie. Se ogni anno si abbattono circa 200 case, sempre e solo di povera gente, allora quei soggetti si sentono bersaglio. Vivere in una casa, senza nemmeno sapere quando arriveranno le ruspe ed avere la paura di finire in mezzo ad una strada con i propri figli è come una condanna a morte». «Noi non vogliamo fare guerre o battaglie - aggiunge Dora Di Maio del movimento popolare di Afragola ma avere un dialogo civile con la politica».
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