L'Ato Napoli 1 boccia la delibera del Consiglio comunale con la quale il 13 febbraio è stato affidato ad Asìa il servizio di raccolta rifiuti per 15 anni, vale a...
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Perché il Comune - in scadenza nel 2021 - fa un affidamento del servizio ad Asìa per 15 anni? La domanda a cui occorre trovare una risposta è questa prima di entrare nei complicati meccanismi dell'Ato. E la sensazione che la risposta abbia a che fare con i guai finanziari di Palazzo San Giacomo è molto ma molto forte. In premessa bisogna dire che Asìa, per la natura dell'opera che presta, ha il costo per legge coperto integralmente dalla Tari, ovvero dalla tassa sui rifiuti. E questa evenienza la rende agli occhi delle banche un soggetto affidabile. Asìa, non a caso, ha una esposizione bancaria notevolissima, che supera i 600 milioni, con un paio di istituti molto forti e specializzati nella cessione crediti e nelle operazioni di factoring. Ma per quanto forti le banche hanno necessità di garanzie assolute a copertura di cifre così ingenti. E quale garanzia migliore se non l'incasso della tassa sui rifiuti? È vero che solo il 40% dei napoletani la paga, ma quei 4 cittadini su 10 che versano l'obolo fanno sì che nelle casse di Asìa entrino ogni anno 184 milioni.
In virtù di questa certezza Asìa può permettersi il lusso di cedere il suo credito - il contratto di 184 milioni con il Comune - alle banche, facendosi anticipare per intero i soldi del contratto al netto naturalmente delle commissioni delle banche. Le operazioni di factoring sono molteplici, sui manuali quella principale è definita così: «Anticipazione di credito bancario a fronte di fatture». Ed è quello che fa Asìa - perfettamente lecito - ed è anche il motivo per il quale si è meritata tre lustri di contratto. Unico modo per tranquillizzare gli istituti di credito che evidentemente hanno anticipato più anni di contratto per centinaia e centinaia di milioni di fatture. Giova sottolinearlo ancora: si tratta di operazioni lecite, anzi è una metodologia alla quale sono avvezze anche altre aziende comunali e che utilizzano altri enti locali di altre regioni. Ma sempre di debiti si tratta, sui quali si pagano interessi per nulla leggeri.
Come farà il Comune a convincere Lupoli che quei 15 anni sono necessari per la sopravvivenza dell'azienda? Prima di approfondire, è utile ricordare che gli Ato (acronimo che sta per Ambito territoriale ottimale) sono nati con una legge regionale nel 2016 e hanno come finalità quella di spingere i Comuni a collaborare sulla questione rifiuti per economicizzare e migliorare il servizio. In Campania sono 6, quello di Napoli è il più grande. Che carte ha il Comune per convincere il direttore generale? Dalla sua parte Palazzo San Giacomo ha il fatto che nella legge che regola gli Ato sono previsti i sub-ambiti di cui Napoli ha fatto richiesta. Nella sostanza nelle aree in cui c'è un Comune grosso si dà la possibilità di costituire un altro Ato dove quella di associarsi è solo una opzione. Tuttavia è sempre il direttore del'Ato a decidere se la richiesta va soddisfatta o meno. E il direttore Lupoli deve dare conto a un Consiglio nel quale Napoli al momento è in minoranza. Tanto che alle prossime elezioni sembra si voglia candidare addirittura l'ex vicesindaco e assessore all'Ambiente Raffaele Del Giudice. In questo contesto, Lupoli, stando alla sua lettera, sembra intenzionato a discutere sulla base di una convenzione tra Ato e Comune per salvare il suo primo amore, cioè Asìa. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino