Napoli, gli sfratti della camorra; il boss alle famiglie in regola: «Via dalle case, mi servono»

Napoli, gli sfratti della camorra; il boss alle famiglie in regola: «Via dalle case, mi servono»
Hanno violato i sigilli e sono tornati sul luogo del delitto. Hanno occupato nuovi locali, sempre lì, nell’ormai famigerato edificio al numero 35 di via Egiziaca a...

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Hanno violato i sigilli e sono tornati sul luogo del delitto. Hanno occupato nuovi locali, sempre lì, nell’ormai famigerato edificio al numero 35 di via Egiziaca a Pizzofalcone, un complesso ben armonizzato nella parte più antica di Napoli, oggi bollato (per ovvi motivi) come palazzo della camorra.

Rieccoli in azione. Sono legati a una famiglia di narotrafficanti ben radicata nella zona del Pallonetto di Santa Lucia, il cui destino giudiziario è strettamente collegato al clan Elia. Si sono mossi alla fine di agosto, forti di una buona dose di impunità percepita, di fronte alla mancanza di interventi (almeno per ora), in materia di ordine pubblico. Hanno agito in due direzioni. Da un lato hanno violato i sigilli, provando a prendere possesso di locali del Comune, da tempo non assegnati. Dall’altro hanno provato ad imporre le proprie regole nei confronti di quanti - legittimamente - da tempo vivono all’interno del complesso comunale. 

Chiaro il passaparola: «Se non ve ne andate da qui, se non lasciate la casa, noi ce la prendiamo lo stesso... sapete che abbiamo la possibilità di farlo». Stando a quanto emerso fino a questo momento, alcuni residenti storici sarebbero stati avvicinati in modo bonario, con una proposta di vendita, che poi ha fatto da preludio ad un’azione di forza. Sulle prime offrono soldi per lasciare l’abitazione, poi - di fronte a un dieniego scontato -, arrivano parole cariche di arroganza, fino a diventare minacciose. In azione il boss dei narcos locali, uno di quelli che ha costruito una sorta di fortuna familiare grazie alle bustine di cocaina impacchettate tra i vicoli del Pallonetto di Santa Lucia. Ora è tornato alla carica sulle occupazioni abusive. Stando a quanto emerso fino a questo momento, i suoi uomini sono quelli che hanno cacciato la docente in pensione, con una vera e propria azione di forza. 

Ricordate il caso? Ne abbiamo parlato sulle colonne di questo giornale, un anno fa, in seguito alla denuncia di padre Michele, che - dal pulpito della chiesa di Santa Maria a Pizzofalcone - chiese rispetto per i più deboli, tutela per le fasce deboli e stop alle occupazioni di case, facendo riferimento proprio al caso della signora Carlotta. Fatto sta che dopo il clamore mediatico, sono arrivati i sigilli della polizia municipale in un clima di restaurata legalità. Mesi intensi, con un fascicolo ad hoc su Pizzofalcone al ministero dell’Interno, la speranza di una svolta definitiva. E invece di recente ancora manomissioni, ancora interventi notturni, con vere e proprie squadrette di manovali al soldo della camorra che si muovono sul territorio. Creano ingressi, abbattono muri, adattano stanze. Tutto in quel Palazzo che torna al centro delle attenzioni del crimine organizzato. 

Spiega il consigliere regionale Francesco Emilio Borrelli (Verdi), che ha raccolto alcune denunce da parte di residenti sul nuovo clima di paura: «Ci avevano promesso interventi decisi ed equi contro i criminali che occupano le case comunali abusivamente. Dopo l’omelia di Don Michele della Chiesa di Pizzofalcone e tutte le nostre denunce che hanno portato anche a mettere i sigilli e murare l’abitazione della signora Carlotta, occupata da un gruppo di delinquenti mentre era fuori casa per curarsi, ci aspettavamo molto di più. Il lassismo delle istituzioni su questo fronte è inaccettabile. 

Un palazzo che oramai è in gran parte utilizzato da clan e criminali di ogni tipo che si sono impossessati di abitazioni pubbliche per viverci loro stessi o addirittura che subaffittano le case comunali. Per non parlare degli allacci abusivi a corrente elettrica, gas e acqua. Per contrastare l’inattività di alcuni comuni è stata attivata, anche su nostra sollecitazione, la graduatoria unica regionale per accelerare le assegnazioni delle case popolari senza imbrogli (ne parliamo diffusamente nell’intervista della pagina accanto, ndr). In alcuni casi le amministrazioni locali non sono riuscite o non hanno voluto realizzare graduatorie pubbliche negli ultimi decenni con il risultato che anche quando vengono sgomberate le abitazioni popolari dagli abusivi non vengono date a legittimi assegnatari. Questo ha creato una sorta di far west dove ognuno fa come gli pare e il più forte e violento spesso ha la meglio». Quanto basta a implementare e a rendere efficace lo strumento della piattaforma regionale, per superare particolarismi e localismi, quando in ballo ci sono patrimonio pubblico e dignità dello Stato. 

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Il Mattino