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«Ora vi spiego come l'affare delle case popolari viene gestito dal clan». Parola di pentito. E il racconto entra nelle trame di una logica camorrista che si sostituisce alle regole di uno Stato poco presente in certe zone della città e si allarga e conquista spazi, anche fisici, che toglie ai cittadini, privandoli anche della loro libertà, di loro diritti. Si parte da una premessa: «Il settore delle case popolari è un affare di interesse dei clan della zona orientale. Vi è una netta divisione territoriale, le case di via Mastellone sono gestite dal clan Cuccaro e quelle tra corso Sirena e via Ciccarelli dal clan Aprea. E lo stesso dicasi per i negozi» ha spiegato Giuseppe Manco ai pm della Dda.
Controllando chi vive nelle zone dove compiono i loro traffici, si accordano o si nascondono, i boss possono contare su un più capillare controllo del territorio che vuol dire meno ostacoli e meno guai. E in più: «Si teneva il fortino più compatto e si rafforzava il vincolo tra i membri del clan». «Una volta che l'unità immobiliare viene assegnata, se l'assegnatario è della zona viene lasciato in pace, se non è della zona viene avvicinato da esponenti del clan. Le case assegnate possono essere di tre pezzature: 106 metri quadrati, ovvero per un intero nucleo familiare, 80 metri quadrati e 50 metri quadrati che sono di solito su un piano rialzato.
A seconda della superficie dell'appartamento viene promessa una sorta di “buonuscita” al legittimo assegnatario. Ovviamente - spiega il collaboratore - non viene mai corrisposta tutta la cifra promessa ma solo una piccola parte di essa, quella che corrisponde alla prima rata». Dunque, vengono promessi soldi per lasciare la casa a chi ha patito e atteso per avere un tetto sulla testa. Questo ai boss poco importa. L'obiettivo è mettere in casa gente di propria fiducia. E il sistema per farlo è sempre lo stesso e neppure tanto complicato: l'assegnatario legittimo dell'alloggio viene convinto ad andare via, prima però si fa in modo che nel proprio stato di famiglia risulti convivente con la persona indicata dal boss per prendere possesso della casa.
Una convivenza forzata, e solo su carta.
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Il Mattino