Furti e rapine, smantellata la gang del rione Traiano: 17 colpi in sei mesi

Furti e rapine, smantellata la gang del rione Traiano: 17 colpi in sei mesi
Da via Scarlatti, al Vomero, alle palazzine popolari di Caserta passando per la zona residenziale di Salerno. Se il giorno in cui ha perso la vita il vicebrigadiere Emanuele...

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Da via Scarlatti, al Vomero, alle palazzine popolari di Caserta passando per la zona residenziale di Salerno. Se il giorno in cui ha perso la vita il vicebrigadiere Emanuele Reali, travolto da un treno per inseguire uno della banda di ladri sgominata ieri, quella in azione era sembrata una combriccola di buontemponi, capaci solo di rubare qualche robot da cucina e un paio di aspirapolvere, alla luce dell'ordinanza spiccata ieri dal gip Ivana Salvatore è chiaro che la gang del rione Traiano era una associazione per delinquere a tutti gli effetti e racimolava migliaia di euro a settimana. Capace di introdursi in casa di professionisti oltre che di inermi pensionati. Dopo sopralluoghi organizzati dalle mogli. E l'inventario della refurtiva occupa una decina di pagine negli atti del pm Anna Ida Capone che ha coordinato l'inchiesta delegata ai carabinieri del comando provinciale di Caserta del colonnello Alberto Maestri. Ieri mattina, al rione Traiano, la retata è scattata per mano dei colleghi del carabiniere-eroe Reali. I militari della compagnia di Caserta, con il maggiore Andrea Cinus e il tenente Matteo Alborghetti non si sono dati pace da quando, il 6 novembre scorso, nel tentativo di bloccare uno dei ladri in fuga, Emanuele fu travolto e ucciso da un treno a pochi metri dalla stazione di Caserta. Già in quel momento erano sulle tracce della gang, ma nessuno poteva immaginare che la caccia all'uomo sarebbe finita in tragedia. Invece, la banda del rione Traiano si è fermata solo quando ci è scappato il morto, un carabiniere di 34 anni che ha lasciato la moglie e le due figlie perché quella sera, pur di compiere il proprio dovere, non ha esitato a mettere a rischio la propria vita.

 
C'è anche lui, il ladro che secondo i pm è responsabile della morte di Reali, tra i destinatari dell'ordinanza emessa su richiesta della Procura diretta da Maria Antonietta Troncone, indagine del pool dell'aggiunto Antonio D'Amato. Pasquale Attanasio, alias «Lino 'o piccirillo» da ieri è in carcere. Come i tre che erano con lui quel maledetto pomeriggio. Pasquale Reale, alias «'o testone», Cristian Pengue, soprannominato «minichino», a malapena maggiorenne, il «palo», e Salvatore Salvati, l'«esperto» del gruppo, tutto tatuaggi e precedenti penali che a Reale insegna il mestiere: «Non devi fare lo scemo, devi fare il mariuolo», il monito. In carcere anche Salvatore Esposito e Salvatore Garofalo, noto come «capajanca», che hanno rispettivamente 24, 29 e 34 anni. Domiciliari invece per la moglie di Reale, Anna Artuso e Tiziana Di Biasi (sposata con Esposito) Patrizio Salvati, «Lillone», Rocco Tomaselli, Marco Scamardi e Pasquale Iorio. Le donne si appostavano fuori le case delle vittime, ne spiavano i movimenti e riferivano ai consorti come e quando colpire. Responsabilità tali che i pm trasmetteranno gli atti dell'inchiesta alla Procura dei minori e sarà incardinata un'istanza di sospensione della responsabilità genitoriale nei confronti degli indagati che rischiano di perdere l'affidamento dei figli minori.

Diciassette sono i colpi messi a segno in sei mesi e hanno fruttato svariate centinaia di migliaia di euro. Furti redditizi se si considera quanto dice una delle donne intercettate che si va vanto delle abilità criminali del marito. «In tre mesi mi ha portato 280mila euro, lavorando giorno e notte». Questa frase è diventata un'arma d'accusa, insieme alle tante altre captate e alla refurtiva e gli attrezzi del «mestiere» sequestrati nel corso delle operazioni. Gioielli, diamanti, denaro in contanti, orologi, borse griffate, occhiali di marca. Quando entravano in una casa, quelli del rione Traiano facevano piazza pulita anche di tv color, pc portatili, smartphone. E qualora qualcuno li avesse sorpresi in azione, non esitavano a reagire. Così come non si sono fermati quando le loro auto sono state sequestrate con dentro il bottino: si sono intrufolati nel deposito giudiziario per recuperare soldi e oro. Alcuni di loro rispondono anche di resistenza e lesioni perché, sorpresi sul fatto, si sono scagliati contro i carabinieri.


Va da sé che la posizione di Attanasio, uguale alle altre in merito ai furti, è ancora aperta in relazione alla morte del carabiniere. «Sono in corso ulteriori accertamenti, - ha confermato il procuratore Troncone che ha ricordato commossa la figura del vicebrigadiere deceduto in servizio .- ma è chiaro che la prima decisione del gip rende tutto più difficile». Per i pm, Attanasio è responsabile della tragica fine del vicebrigadiere e lo hanno incriminato per morte a seguito di altro reato. Diverse le conclusioni del gip Nicoletta Campanaro che rigettò questa accusa. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino