La campagna d'autunno di De Magistris («Pronto a candidarmi alla guida del Paese: sono io l'anti-Salvini») cade nel momento in cui più evidente appare...
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Sarebbe ingeneroso non riconoscere a DeMa una certa abilità - a prescindere dai risultati, anzi a dispetto dei risultati - nel soffiare sull'orgoglio della città, con l'obiettivo di cementarne il senso di appartenenza. Questa deviazione continua dal piano amministrativo (le cose fatte, le cose da fare) a quello politico-simbolico (il leader che sono, il leader che forse sarò) segnala tuttavia una profonda ingerenza della sfera «visionaria» e immaginifica nelle vicende amministrative. Chi detta l'agenda al sindaco: i sogni (le sue ambizioni personali) o la realtà?
Più di una volta abbiamo suggerito al sindaco di restare ancorato, almeno per il tempo che ci separa dalla fine della consiliatura, alla realtà amministrativa, senza inseguire disegni e traiettorie che al momento albergano solo nella sua testa. Dalla «città dell'amore che guarisce i depressi» alla «rivoluzione di popolo» è lungo l'elenco degli effetti speciali che DeMa continua a mettere in campo per stupire il Paese; salvo poi indulgere all'autoflagellazione quando c'è da battere cassa e chiedere soldi al governo, com'è avvenuto proprio ieri con la richiesta di fondi per mettere in sicurezza gli alberi che volano alla prima folata di vento.
È interessante notare come, sul piano della narrazione simbolica, i risultati amministrativi non siano considerati più una discriminante, ma quasi un fastidioso accidente: irrilevante al fine della costruzione del consenso. Lo stesso stato comatoso della maggioranza che sostiene la giunta arancione - ormai frantumata in innumerevoli cespugli - non sembra impensierire più di tanto il sindaco; comincia a impensierire, invece, i cittadini, i quali chiedono solo che la terza città italiana venga governata senza distrazioni, ma con lo sguardo dritto sul presente. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino