Stupro nella stazione della Circum, la verità della 24enne: «Io, violentata perché ingenua»

Stupro nella stazione della Circum, la verità della 24enne: «Io, violentata perché ingenua»
Parla con pacatezza e tranquillità. Forse perché la rassicura rispondere alle domande a telefono, senza avere davanti il suo interlocutore. La ragazza 24enne di...

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Parla con pacatezza e tranquillità. Forse perché la rassicura rispondere alle domande a telefono, senza avere davanti il suo interlocutore. La ragazza 24enne di Portici, che il 5 marzo scorso subì violenza in un ascensore della Circumvesuviana dai tre giovani di San Giorgio a Cremano, descrive il suo stato d'animo, parla delle sue prossime intenzioni nel procedimento e commenta le decisioni dei magistrati che, finora per due posizioni su tre, hanno deciso la scarcerazione dei ragazzi.


Due dei ragazzi identificati per la violenza nei tuoi confronti sono stati scarcerati dal tribunale per il Riesame. Cosa pensi di questa decisione?
«Sono convinta che si sia trattato di un equivoco, che esistono prove a sufficienza che dimostrano come io sia stata vittima di una violenza. E il referto medico che lo accerta ne è il suggello definitivo».

Come ti spieghi, anche da non esperta di questioni giuridiche, la decisione sulle due scarcerazioni?
«Penso che si sia data scarsa importanza alle prove, che si siano interpretati in modo non veritiero i filmati registrati dalle telecamere nella stazione della Circumvesuviana di San Giorgio a Cremano. Si è confuso un mio iniziale atteggiamento di gentilezza con un inesistente consenso sulla violenza».

Vuoi spiegare il tuo atteggiamento nei momenti che hanno preceduto la violenza?
«Sono stata gentile, perché avevo creduto alla sincerità delle scuse che mi avevano chiesto dopo un precedente tentativo di violenza. In genere, sono sempre disposta a dare fiducia al prossimo, forse con eccessiva ingenuità e scarsa diffidenza. Questa mia benevolenza nei confronti dei miei carnefici è stata scambiata per consenso, che non c'è mai stato. Non credevo davvero che arrivassero a spingermi nell'ascensore per fare quello che hanno fatto».
 
Ti sei sentita raggirata?
«È dire poco. Sono stata attirata credendo alla loro intenzione di chiedermi scusa».

Ma li conoscevi questi ragazzi, li frequentavi?
«Li avevo visti solo due volte nella mia vita, prima di quel giorno. Non li frequentavo affatto».

Che idea hai di loro?
«Ripeto, non conoscendoli né frequentandoli, non so assolutamente cosa poter dire di loro, che restano dei carnefici nei miei confronti».

A ripensarci ora, pensi che ti sia comportata da ingenua?
«Forse, ma non posso farci nulla se, per mia indole, non riesco ad essere diffidente».

Cosa provi verso quei ragazzi?
«Provo insieme compassione e tanta rabbia».

Compassione?
«Sì, mi hanno fatto del male e ne subisco le conseguenze psicologiche, ma si sono rovinati anche loro la vita con un atto che li marchierà per sempre. Hanno usato violenza e costrizione, mal interpretando la mia gentilezza».

E la rabbia?
«Quella è legata all'atteggiamento dimostrato nelle loro dichiarazioni messe a verbale. Si rifiutano di ammettere che c'è stata una loro violenza, mentendo sul fatto che io sia stata consenziente. Sì, c'è tanta rabbia su questo, anche perché quello che mi è successo il 5 marzo ha riaperto delle ferite che pensavo aver definitivamente rimosso».

A cosa ti riferisci?
«Io ho subito due tentativi di violenza a 14 e a 16 anni. Sono state brutte esperienze, che impedii urlando e scappando. Ebbi la forza d'animo di reagire, che mi è mancata nella situazione in cui mi sono trovata in quell'ascensore».

Dove sono avvenuti quei tentativi precedenti?
«A Portici. Per molto tempo, ho avuto paura a girare da sola».

Poi avevi superato quei timori?
«Sì, crescendo pensavo che non avrei avuto più nulla da temere, che mi ero ormai fortificata con una capacità di comunicazione che mi avrebbe evitato brutte esperienze».

Cosa ti aspetti, nonostante le scarcerazioni, dal lavoro dei magistrati?
«Mi aspetto solo che venga fatta giustizia. Solo in questo modo potrò riuscire a ritrovare una pace interiore, che mi ha abbandonato in questo mese. Mi aspetto molto perché ho bisogno di credere nella giustizia e di riacquistare la mia serenità. Da parte mia, sono intenzionata ad andare fino in fondo, a proseguire fino al processo la mia denuncia».

Cosa diresti direttamente ai magistrati che hanno la responsabilità istituzionale di accertare l'accaduto?

«Direi semplicemente che ho peccato di eccessiva fiducia, credendo nella buona fede dei miei carnefici, ma che non si può scambiare un atteggiamento non ostile con un consenso. Mi sono comportata in quel modo anche perché avevo paura e temevo di irritarli. Non mi aspettavo che, all'improvviso, mi spingessero e mi facessero tutto quello». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino