Ottantacinque coristi, 16 figuranti, 10 ballerini, una decina di solisti. Per l’unica scena di massa dell’opera, quella nel primo atto dove si rappresenta...
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Opera attesissima e complessa cantata in russo con i sovratitoli in italiano e in inglese, tre ore di musica, quattro atti accorpati due alla volta con un solo intervallo, orchestra e coro napoletani sottoposti a un duro tour de force, tanta curiosità di scoprire come il grande compositore russo sia riuscito a mettere in scena l’epopea di una grande e nobile famiglia la cui storia si scontra con quella di una semplice ostessa, Kuma, donna dal carattere forte che riesce a far innamorare quanti l’avvicinano ma che non si dà a tutti. Una sorta di Carmen russa che punta sull’amore e che come la gitana - ma anche come Violetta Valery - ne finisce vittima. La interpreta il soprano Marija Bajankina, tra le giovani voci del Maarinskij di San Pietroburgo inserite nel cast grazie a un progetto firmato da Larisa Gergieva, direttore artistico dell’Accademia del celebre teatro e sorella del grande direttore d’orchestra. Dal Maarinskij arriva anche l’allestimento dello spettacolo nato quattordici anni fa in cooproduzione con il São Carlos di Lisbona allora guidato da Paolo Pinamonti, attuale direttore artistico sancarliano, che crede molto in questo titolo. «È un’opera meravigliosa», dice, «tutta da scoprire, un peccato che sia rimasta chiusa nei cassetti e che nei suoi 130 anni di storia non sia mai stata rappresentata in Italia». Una bella sfida per il teatro questa proposta, accolta con entusiasmo dalla sovrintendente Rosanna Purchia perché «è giusto aprire il teatro a repertori nuovi».
«La scelta del San Carlo è da apprezzare», nota Zanella, «”Charodeika” è un’opera per grandi voci, difficile da mettere in scena, ma è importante e giusto farla conoscere in Italia, anche se non è bella come “Onegin”, un’opera forte del testo di Pushkin». Qui la storia è tratta da «L’incantatrice» di Ippolit Shpazhinsky, tragedia basata su una leggenda del XV secolo ambientata nella città russa di Nizhny Novgorod, di grande successo nella seconda metà dell’Ottocento. Chajkovskij ne vide una messa in scena nel 1885 e chiese all’autore di trarne il libretto: «All’apparenza Kuma è una donna perduta», scriveva il musicista, «ma nell’intimo della sua anima c’è una forza, la forza dell’amore. Per questo amore lei è pronta a sacrificare tutto. Perché, altrimenti, si amerebbero personaggi come Violetta o Carmen?».
Capita così che nella taverna di Kuma si svolga anche un balletto: «Visto che è previsto dall’autore è giusto che si faccia», ha detto Poutney. E con Zanella ha pensato non a un semplice intrattenimento, ma un balletto che faccia comprendere il modo in cui la donna era intesa in quell’ambiente. «Hanno le calze rosse, gli uomini le deridono, le spogliano, le usano come giocattoli, sono vittime di violenza, è facile possederle. Ma in questo contesto anche l’anziano principe finisce per essere considerato una sorta di clown, dal momento che arriva per arrestare Kuma e finisce vittima del suo fascino», spiega il coreografo, invitato a ritornare al San Carlo nel 2018 con un suo balletto. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino