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I visitatori attendono la fine della visita guidata, poi cercano di appartarsi per non farsi notare: carta e penna, su un bigliettino scrivono il loro messaggio per l’aldilà e lo lasciano in una cesta dinanzi al «teschio con le orecchie» nella terrasanta della chiesetta di Santa Luciella. La leggenda vuole che quella capuzzella abbia conservato le orecchie per ascoltare quel che accade sulla terra e riferirlo poi in cielo. In tanti desiderano con forza che la leggenda sia reale, e affidano a quell’antico teschio il loro messaggio.
C’è chi chiede di far sapere alla mamma o al papà, morti da poco, che quaggiù c’è chi li ama ancora; c’è chi implora che il teschio possa intercedere per sanare una malattia grave, chi chiede un aiuto per avere un figlio, per ottenere un posto di lavoro, per trovare l’amore e c’è pure chi chiede un incontro in sogno per poter avere numeri vincenti al Superenalotto.
Le parole scritte su quei bigliettini saranno custodite in un luogo protetto dai ragazzi dell’Associazione Respiriamo Arte che hanno recuperato la chiesetta nel 2019 e hanno aperto alle visite guidate. Tutti vengono rassicurati sul fatto che quei bigliettini resteranno chiusi, nessuno violerà la privacy dei messaggi: alcuni accettano di raccontare quel che hanno chiesto, lo fanno perché hanno bisogno di condividere anche quel momento. Un bambino in visita dalla Lombardia ha appena chiesto al teschio con le orecchie di far vincere lo scudetto al Milan anche quest’anno, e lo dice a gran voce nella speranza che il teschio, oltre a “leggere” il messaggio, sia anche in grado di ascoltare anche le sue parole.
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Napoli da sempre ha un rapporto particolare con la morte, con le anime, con le capuzzelle. Il cimitero delle Fontanelle è l’esempio più clamoroso, così come la chiesa del Purgatorio ad Arco ai Tribunali.
Ad accogliere i turisti nella chiesa di Santa Luciella, in una traversa che collega San Gregorio Armeno a San Biagio dei Librai, ci sono i giovani dell’Associazione Respiriamo Arte, che rappresenta per davvero un piccolo miracolo napoletano. Tutto è nato dalla passione di quattro ragazzi Massimo Faella, Simona Trudi, Angela Rogliani e Francesca Licata i quali dopo aver letto il libro pubblicato dal Mattino nel quale si raccoglieva l’inchiesta sulle chiese abbandonate, decisero che avrebbero riportato in vita la chiesetta di Santa Luciella.
Era il 2013. Nel 2019, dopo anni di battaglie, sono riusciti a recuperarla e ad aprirla alle visite. Grazie al supporto di tanti finanziatori hanno iniziato lavori di ristrutturazione e attualmente, con il contributo di “Latte Berna”, stanno completando il rifacimento della facciata che riporterà al definitivo, antico, splendore Santa Luciella.
«La gente ci ha scoperti lentamente. Il boom è giunto dopo che la chiesa di Santa Luciella è stata raccontata da Alberto Angela nel suo “una notte a Napoli” che ci ha fatto conoscere all’Italia intera», spiega Massimo Faella, leader del gruppo di Respiriamo Arte. La questione dei messaggi al teschio lo tiene sulle spine: «Si tratta di un rapporto diretto fra le persone e l’aldilà, non è roba che merita pubblicità. Alla fine delle visite lasciamo alla gente il tempo di fermarsi e pensare. In molti scrivono qualcosa. All’inizio lasciavano i biglietti sulla terrasanta, poi quando i messaggi sono diventati troppi abbiamo deciso di mettere delle ceste per raccoglierli. In totale ne contiamo circa 30mila. Da un po’ hanno iniziato a lasciare anche giocattoli, piccoli monili, chi lo fa pensa di dare sollievo a una persona che non c’è più, sono piccoli atti d’amore, talvolta di dolore, che vanno rispettati».
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