Napoli, inchiesta sul cantiere di via Marina: maxiperizia su 80 telefoni e pc

Napoli, inchiesta sul cantiere di via Marina: maxiperizia su 80 telefoni e pc
Un lavoro di analisi che viene ritenuto decisivo per capire come sono andate le cose in una delle zona di maggiore interesse per la viabilità cittadina (e non solo). ...

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Un lavoro di analisi che viene ritenuto decisivo per capire come sono andate le cose in una delle zona di maggiore interesse per la viabilità cittadina (e non solo).


Parliamo dell'inchiesta sugli appalti legati al rifacimento della zona chiamata via Marina (via Vespucci e via Ponte dei Francesi), ma anche di altri interventi varati dagli uffici tecnici del Comune, come il lotto due del progetto di riqualificazione del centro storico di Napoli e la realizzazione di una piscina comunale nell'area collinare, in via Nicolardi.

Un lavoro, quello della Procura di Napoli, che fa leva su una maxiperizia di carattere informatico. Stando a quanto emerge dalle pieghe di una indagine ancora per molti versi riservata, la Procura di Napoli aspetta gli esiti dell'analisi informatica di circa ottanta «target», tra telefonini e computer sequestrati nel corso di un blitz messo a segno lo scorso dicembre. Mesi di indagine e verifiche, ora si attendono gli esiti dell'analisi di supporti informatici riconducibili a imprenditori, tecnici e amministratori finiti in questa primissima fase investigativa.

Inchiesta coordinata dai pm Ida Frongillo e Valeria Sico, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Alfonso D'Avino, sono diversi gli aspetti che gli inquirenti puntano a verificare.

Indagini per corruzione e turbativa d'asta, nell'ambito dei filoni investigativi condotte in questi mesi sotto strettissimo silenzio. Sono undici gli indagati, come ha raccontato la scorsa settimana il quotidiano la Repubblica, otto dei quali rispondono di un presunto coinvolgimento negli appalti che avrebbero dovuto cambiare il volto (e la vivibilità) di un'ampia fetta di area metropolitana, mentre per solo quattro nomi vengono accostati all'ipotesi di associazione per delinquere.
 
Chiara la strategia investigativa: si punta a verificare l'ipotesi secondo la quale alcuni interventi pubblici in diverse aree cittadine sarebbero stati improntati a rapporti di corruzione, finalizzati a favorire alcune cordate di imprenditori.

Ipotesi che rende doverosa una premessa: perquisizioni e verifiche di questi mesi vanno considerati come mezzi di ricerca della prova, non come conferma della colpevolezza dei professionisti interessati. Tutti i nomi coinvolti potranno infatti replicare a quanto ipotizzato finora, nel corso del seguito del procedimento. Ma restiamo al primo giro di boa delle indagini: al momento rispondono anche di associazione per delinquere gli imprenditori Francesco Mattiello, a capo della Meridiana Costruzioni (difeso dall'avvocato Marco Bruttapasta), Vincenzo e Umberto Ianniello, della omonima ditta che si occupa di costruzioni (che sono assistiti dal penalista Luigi Tuccillo), l'agente di polizia municipale Luca Sepe, che viene indicato come una sorta di uomo di fiducia dell'imprenditore Mattiello; rispondono invece di corruzione e di turbativa d'asta altri soggetti nomi al panorama professionale e amministrativo cittadino. Agli atti infatti risultano implicati in questa vicenda soggetti con incarichi pubblici ben definiti.

È così che risulta coinvolto in questo scenario l'ex dirigente comunale Giuseppe Pulli (difeso dall'avvocato Claudio Botti), da qualche mese in pensione anche se legato a Palazzo San Giacomo come consulente dell'amministrazione proprio per la sua specializzazione nel campo degli interventi messi in campo dall'ufficio tecnico municipale; due funzionari comunali, vale a dire Sandro Pietrafesa (difeso dall'avvocato Mario D'Alessandro) e Simona Fontana (assistita dall'avvocato Saverio Senese), il docente universitario che ha svolto il ruolo di consulente del comune Antonio De Luca (assistito dal penalista napoletano Guido De Maio).

Diverso invece il capitolo legato alla ricettazione, in relazione alla sparizioni di una parte di basolato di proprietà del comune di Napoli (la denuncia è di qualche mese fa e riguarda i cantieri della Marina), un buco del valore di 300mila euro. Per questo furto restano i riflettori puntati su Mattiello, mentre il materiale sarebbe stato acquistato da Giuseppe Vergara (che avrebbe versato 120mila euro), e Alberto Limatola, attraverso Michele Grassia (nomi che ora vengono associati all'accusa di ricettazione).

Insomma, una trama su cui gli inquirenti sono al lavoro da mesi, nel tentativo di capire se alcuni interventi promossi dalla giunta comunale in questi anni possano essere ritenuti condizionati da favoritismi o tangenti.

Ed è in questo scenario che gli inquirenti aspettano gli esiti delle acquisizioni di telefonini e computer, prelevati in questi mesi da aziende private, domicili e uffici abitati da manager privati e professionisti legati al Comune. Una indagine che scava nella trama di rapporti che potrebbe venir fuori da messaggerie e server remoti di telefonini e computer.

Ottanta target nel mirino, ce n'è abbastanza per avere un quadro chiaro dei rapporti tra pubblico e privato, tra manager a capo di ditte accorsate, funzionari e consulenti legati al servizio pubblico. Si tratta di una inchiesta che ha un prologo preciso, che riconduce l'attenzione a quanto avvenne la scorsa primavera sulle banchine del porto di Napoli. Anche in quel caso furono delle perquisizioni (condotte nel corso delle indagini firmate dai pm Fratello e Woodcock) a dare la stura a importanti svolte investigative.

Secondo quanto sta emergendo in questi giorni, ci sarebbe un collegamento tra il filone che ha investito il porto di Napoli da un lato e quello che ha invece spostato l'attenzione a pochi chilometri di distanza, vale a dire la gestione degli appalti nella zona di via Vespucci e di via del Ponte dei Francesi, ma anche del centro storico e di via Nicolardi.


Nel primo filone investigativo, quello del porto di Napoli, la Procura ha acquisito le dichiarazioni di un ex esponente della autorità portuale, ma anche le versioni di alcuni potenziali testimoni. Ed è così che da interrogatori di reo confessi, oltre che dalla testimonianza di alcuni professionisti nel campo della definizione di delicate procedure amministrative che la Procura ha individuato l'esistenza di una sorta di cricca in grado di controllare gli appalti. Stando a quanto messo nero su bianco da un «pentito», la tecnica era sempre la stessa: creare i presupposti per sbloccare procedure d'urgenza, per consentire poi di veicolare appalti di svariate centinaia di migliaia di euro a cartelli di imprese definite in partenza. Un metodo, un sistema, in uno scenario investigativo che si sta facendo via via sempre più ampio: e che potrebbe definire contatti impensabili con altri appalti in città, con la storia del rifacimento del manto stradale che da anni condiziona vita e spostamenti di migliaia di cittadini. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino