Il parco archeologico di Napoli in ginocchio: «Dalla tempesta al coronavirus, è un incubo»

Il parco archeologico di Napoli in ginocchio: «Dalla tempesta al coronavirus, è un incubo»
Erba incolta, tendoni divelti, tavoli, sedie e gazebo abbattuti dalla furia del vento e delle intemperie. Uno scenario apocalittico che fotografa la devastazione di un parco...

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Erba incolta, tendoni divelti, tavoli, sedie e gazebo abbattuti dalla furia del vento e delle intemperie. Uno scenario apocalittico che fotografa la devastazione di un parco travolto prima dalla tempesta e poi dal Covid-19. Una pandemia che non ha risparmiato nessuno e che ha coinvolto lavoratori di ogni settore, anche quello della cultura. Gli archeologi sono tra questi e come nel caso di Fabiana Dumont, giovane insegnante e imprenditrice di se stessa, sono determinati a non volersi reinventare.


Il lockdown di questi ultimi mesi ha decretato la chiusura del suo parco a tema. Uno spazio all’aperto in cui, attraverso il lavoro di volontari e giovani esperti di beni culturali, si offriva alle scolaresche ed agli appassionati di archeologia un interessante “viaggio nel tempo” dall’epoca preistorica a quella medievale.

Una sciagura per lei e per i suoi collaboratori che adesso sono senza lavoro e senza prospettive o programmi per una eventuale riapertura: «Abbiamo creduto in un sogno - commenta Fabiana - e ora siamo costretti a risvegliarci in una realtà che non avremmo mai voluto affrontare. Un incubo che ci ha coinvolti tutti e da cui non riusciamo a risvegliarci. Il nostro parco aveva già subito danni nel corso delle intemperie che si abbatterono sulla città tra fine febbraio e inizio marzo, ma avevamo pensato di rimetterlo in piedi. Poi venne la pandemia e la chiusura obbligatoria che ci ha impedito di procedere con le ristrutturazioni. Adesso è tutto fermo e l’incuria ha trasformato il giardino in una giungla. Ma la cosa peggiore è che, data l’attività che svolgiamo, saremo tra gli ultimi a riaprire».
 
Le lezioni e le visite infatti, potrebbero costituire un pericoloso veicolo di contagio così come la formazione di gruppi per le attività didattiche e di laboratorio. Un vero problema per il parco che – soprattutto in questi periodi – diventava meta di numerosi studiosi e scolaresche.


«Per questo motivo – conclude Fabiana – chiedo aiuto al governo e alla Regione. Non so come andare avanti e come rimettere in piedi la mia attività. Tra l’altro sia io che il mio compagno siamo insegnanti con contratti a progetto e senza certezze per il futuro. Questi ultimi eventi ci hanno messo in ginocchio e chiediamo solo di essere ascoltati. Dopo tanto impegno non vogliamo vedere andare in fumo i nostri sogni. Siamo professionisti ed esperti di un settore troppo spesso bistrattato e dimenticato dalle istituzioni».    Leggi l'articolo completo su
Il Mattino