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Manifesti che parlano di vendetta e di infamità, che augurano la morte di un soggetto di cui si fa nome e cognome. Manifesti che parlano di Dio, come titolare di una giustizia vendicativa, ma anche di un soggetto che si sarebbe macchiato di non meglio precisate «azioni infami», al punto tale da meritare chissà quale castigo mortale. Lettere nere su foglio bianco, manifesti - ovviamente abusivi - affissi al muro ma anche sui cartelloni pubblicitari. Piazza Carità, poco traffico - causa emergenza Covid - volti straniti per queste scritte di cui tutti, da queste parti, conoscono qualcosa. Anche se nessuno si sbilancia, nessuno ha interesse a commentare. C'è il nome di un uomo che dovrebbe subire chissà quale castigo, in un ragionamento a senso unico, frutto di probabili rivendicazioni personali (anche se in una luce decisamente distorta). Smarrimento tra i passanti, che hanno avvisato la redazione de Il Mattino, mentre sul caso i carabinieri hanno avviato una verifica per provare a chiarire chi possa aver animato un'iniziativa ai limiti del delirio. E sono stati proprio i carabinieri, ieri sera, a rimuovere i due manifesti a tutela della sensibilità collettiva. Ma proviamo a ragionare sul testo di due manifesti. In una prima «grida» si parte dalla parola «Vendetta» scritta in nero e a lettere cubitali. Seguono parole farneticanti e cariche di odio: «Dio è grande, ha fatto morire tre accusatori che un tempo accusarono un uomo innocentemente, le infamità si pagano, la vendetta di Dio per completare la vendetta, deve ancora morire... (seguono nome e cognome del destinatario) un infame ancora vivente». Poi c'è un secondo manifesto che sembra più diretto, al punto tale da alludere a una situazione di ingiustizia sofferta da qualcuno, senza però lasciare altri indizi ai lettori: «Per volere di un infame e cornuto devi passare per quello che tu non sei».
Poche parole bastano a chi ha intelligenza della cosa, sembra di capire.
Il Mattino