Il tormento e l'estasi. «Il dolore della carne non è da meno rispetto a quello spirituale, gli stessi scritti delle mistiche, che sono patrone della Chiesa, sono...
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Artista plastico, Ernest Pignon-Ernest ha sempre inteso l'arte, la sua arte, come un impegno totale: politico, poetico, estetico. Studi di Architettura, un interesse per l'antropologia, oggi torna sul luogo dove nel 1988 espresse la sua visione dell'arte, il centro antico di Napoli con le sue pietre, i muri della città storica, quasi una pelle da rivestire con i suoi disegni e serigrafie, per fondere arte classica - Caravaggio primo fra tutti, poi Luca Giordano - con una visione e una rilettura della contemporaneità.
«Estasi», dunque: al Purgatorio ad Arco Ernest Pignon-Ernest presenta (la mostra è a cura di Carla Travierso, coordinamento di Francesca Amirante e organizzazione di Ciro Costabile, fino al 28 aprile) una installazione dedicata a otto grandi mistiche. «In realtà sono sette, più Maria Maddalena che è l'antesignana, l'archetipo di tutte le mistiche. Tutte hanno sognato di essere Maria Maddalena. L'idea di questo lavoro mi è venuta proprio a Napoli tanti anni fa, la mostra è il risultato di una riflessione sul rapporto tra interiorità ed esteriorità, tra anima e corpo. Il lavoro è già stato presentato nel 2008 al Festival di Avignone e poi anche a Parigi,ma ho ritenuto giusto che fosse visto in questa città, che me l'ha ispirato».
Sette mistiche, più la... «capostipite»: quali sono?
«Ho scelto quelle che per me sono le protagoniste di questa dualità che ho voluto indagare sul versante della contrapposizione tra carnalità e passione da un lato, e fortissimo senso della religione, della cristianità dall'altro, rimanendo all'interno dei grandi temi della fede, per quanto forti possano essere stati i segni di una materialità non spirituale. Oltre a Maria Maddalena, sono Ildegarda di Bingen (1098-1179), Angela di Foligno (1248-1309), Caterina da Siena (1347-1380), Teresa d'Avila (1515-1582), Maria dell'Incarnazione (1599-1672), Luisa du Néant (1639-1694) e Madame Guyon (1648-1717). Le ho scelte per i loro scritti, o per quello che il loro confessore ha trasmesso del loro pensiero».
Tra oscurità e luce, nell'ipogeo del Purgatorio ad Arco, un rapporto sul doppio, sulla contrapposizione, anche tra spiritualità e carnalità, tra religione e passione, che inclina verso la materialità del corpo: come ha rappresentato tutto questo?
«Sono otto serigrafie a carboncino, disegni autoportanti di grande formato a grandezza naturale che raffigurano le mistiche. Le opere sono collocate su una superficie d'acqua che riflette i disegni insieme allo spazio circostante. Otto figure di donne tra le più grandi del Cristianesimo sono ritratte nel momento intimo dell'estasi. Affascinato dalla doppia natura delle sante, terrena e spirituale, ho immaginato il loro ritratto cercando di rappresentare l'irrappresentabile, la carne che aspira a disincarnarsi».
Napoli secondo Ernest Pignon-Ernest: quali ricordi, quali cambiamenti?
«Trovo che qui a Napoli la gente ha ancora una forte coscienza della sua eredità storica e culturale, e sociale, del suo patrimonio, anche se ho notato qualche segno di quella che io chiamo l'amnesia delle proprie radici, del proprio comportamento, della propria coscienza. Mi sembra di avvertire un disagio: molti non sanno dove andare, né da dove vengono». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino