Per la morte di Cristina Alongi, la giovane mamma schiacciata da un pino in via Aniello Falcone la mattina del 10 giugno 2013, i giudici parlano di «uno sconcertante...
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Sono i cittadini, quelli che nelle settimane e addirittura nei mesi che precedettero il crollo del pino in via Aniello Falcone, uno dei fattori su cui poggia la ricostruzione dell'accusa. Nelle motivazioni della sentenza i giudici evidenziano l'importanza dei loro contributi. Agli atti del processo richiamati nella sentenza ci sono le testimonianze di almeno quattro cittadini. Uno in particolare, residente in via Aniello Falcone, notò le condizioni del pino già due o tre mesi prima del crollo. Ne parlò anche con varie persone del posto e si sentì in dovere di segnalarlo affinché si valutasse una eventuale potatura. «Un sabato mattina - ricostruiscono i giudici - del mese di maggio si era recato personalmente al Comune di via Kerbaker per segnalare la cosa e non avendo trovato nessuno sulla via del ritorno in piazza Vanvitelli aveva esposto il problema ad alcuni vigili urbani che gli avevano fornito un numero a cui chiamare - è la ricostruzione riproposta nei motivi della sentenza - Aveva effettuato la telefonata col cellulare usando il viva voce alla presenza di un vicino di casa e gli avevano risposto rassicurandolo che avrebbero girato la segnalazione all'ufficio Parchi e giardini». Il teste ha raccontato anche di aver saputo che un'analoga segnalazione l'aveva fatta il titolare del bar nei pressi dei giardinetti «anche se poi nessuno era venuto».
Ce ne sono tre agli atti del processo, tutte fatte dal titolare del bar. «Senta quell'albero è in bilico, sta cadendo...» disse a fine maggio, telefonando al centralino dei vigili del fuoco. Chi rispose alla telefonata, secondo i giudici, sottovalutò la segnalazione e non ne trasmise la gravità al vigile urbano a cui la segnalazione fu girata telefonicamente. Eppure, quel giorno, il 27 maggio 2013, dal tabulato degli interventi dei vigili del fuoco non è emersa una particolare urgenza degli interventi effettuati, fra apertura porte, infiltrazione in cantina, recupero masserie, rimozione di nido di vespe.
E ora si riapre il capitolo del risarcimento dei danni, con l'azione civile che i familiari di Alongi, assistiti dall'avvocato Patrizia Alongi, hanno intentato e che alla luce della nuova sentenza penale coinvolgerà sia il Comune di Napoli sia il Ministero dell'Interno. A novembre nuova udienza. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino