È il lavoro che tutti i danieliani duri e puri hanno sognato per decenni, ma anche quello di cui avrebbero fatto volentieri a meno, visto che vede la luce solo perché Pinotto...
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Alex ha lavorato al progetto nello studio che fu del padre, cercando di fare i conti con la sua scomparsa improvvisa: «Prima mi sono chiuso nel dolore», spiega con il pudore di chi preferirebbe sempre restare dietro le quinte, «e nel silenzio, in me stesso, insomma. Poi ho sentito l’enorme onda dell’affetto che circonda papà come artista e come uomo». Non riesce a parlarne al passato, Alessandro: «Non è passato, io lo sento presente, è qui». E, di sicuro, è dentro «Tracce di libertà», che arriverà nei negozi, fisici e virtuali, in triplice versione: super deluxe, con sei cd e un libretto di 60 pagine con testi, foto, curiosità e i sei inediti; deluxe, con tre cd, booklet e un inedito; digitale con gli stessi contenuti audio di quella deluxe.
«Terra mia» (1977), «Pino Daniele» (1979) e «Nero a metà» (1980) sono dischi epocali, continuano la tradizione della canzone napoletana rivoluzionandola, portano la rabbia e la voglia di rivoluzione in testi fino a quel momento condannati a parlare d’amore melenso, ritrovano un dialetto antico che sa farsi modernissimo, tengono insieme le radici e le ali, la veracità e il sogno blues rock americano, la tradizione e la contemporaneità. Il cofanetto ce li consegna com’erano, poi li «raddoppia»: come già era successo con la versione extended di «Nero a metà», ultimo progetto discografico pubblicato in vita dall’Uomo in blues.
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Il Mattino