Poggioreale caos, uno psicologo: «Io, aggredito da un poliziotto»

Minacce, insulti, intimidazioni. E persino un’aggressione fisica, accompagnata da un ultimo sinistro messaggio di morte. Non c’è pace in quell’inferno in...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA FLASH
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Minacce, insulti, intimidazioni. E persino un’aggressione fisica, accompagnata da un ultimo sinistro messaggio di morte. Non c’è pace in quell’inferno in terra chiamato Poggioreale. Tornano a riaccendersi i riflettori sul carcere più sovraffollato d’Europa, ed è una brutta, bruttissima storia quella sulla quale indagano i pubblici ministeri della Procura di Napoli: già, perché stavolta a denunciare presunti gravissimi abusi da parte di alcuni agenti della Polizia Penitenziaria non sono i detenuti ma un medico.

 
I fatti risalgono alle giornate del 27 e 28 giugno scorso. Prima di ricostruirli è obbligatoria una premessa: al di là di ciò che accerterà l’indagine affidata al sostituto procuratore Giuliano va detto che la stragrande maggioranza del personale in servizio nelle carceri napoletane (e italiane) è composto da persone che svolgono con abnegazione e professionalità il loro lavoro. Ciò premesso, sarà la magistratura inquirente partenopea a decidere se come denunciato in questo caso dalla vittima - ci sia anche qualche mela marcia. A sporgere denuncia è stato uno psicologo in servizio nella casa circondariale di Poggioreale. Ed ecco il suo racconto, come emerge dagli atti dell’esposto querela. «Il 27 giugno 2018 ero di turno presso il presidio “Nuovi Giunti” ho effettuato un colloquio con un detenuto accusato di stalking: mi mostrò macchie di sangue ancora fresco sul volto e sulle mani, riferendomi che dopo la visita medica aveva avuto un diverbio con il personale di custodia ed era stato picchiato, senza possibilità di difendersi». A quel punto lo psicologo si reca dal medico di turno per accertarsi se, durante la visita, fossero presenti quelle lesioni: e il sanitario nega la circostanza. A quel punto lo psicologo prende carta e penna e inizia a scrivere una relazione sull’accaduto; ed ecco comparire un agente della Polizia Penitenziaria (il cui nome è contenuto nella denuncia): «Mi chiese cosa stessi scrivendo precisando che non dovevo riportare che il recluso era stato picchiato. Gli spiegai che non potevo non riferire la versione del detenuto, e che comunque avrei fatto una relazione tutelando il personale e gli agenti in servizio; a quel punto il mio interlocutore - alzando sempre più i toni - mi minacciò dicendo che se non avessi modificato il rapporto “avrei finito di campare” e che lui mi avrebbe “fatto la guerra in tutti i modi”».
 
Non è finita. Perché dopo un’oretta lo psicologo trova la stessa guardia cn in mano la cartella del detenuto e gli intima: «Sto aspettando che fai le modifiche che ti ho chiesto, altrimenti stasera non esci vivo da qui». Naturalmente il medico si rifiuta, anche perché lo stesso recluso gli ha anticipato che avrebbe raccontato il presunto pestaggio al magistrato che di lì a qualche giorno lo avrebbe interrogato. Ma l’agente insiste: pretende che l’esperto strappi addirittura la sua relazione: «Se non lo fai ti vengo a prendere anche fuori dal carcere e farò attorno a te e ai tuoi colleghi terra bruciata». Parole gravissime. 

Dalle parole ai fatti. Si arriva così al giorno successivo: quando, sempre all’interno di Poggioreale, l’agente in questione incrocia di nuovo il medico: «Verso le 19 - racconta la vittima - mi reco al padiglione Milano e un altro agente mi riferisce che non potevo incontrare il detenuto che mi aveva raccontato delle violenze subìte. Poco dopo, al padiglione Roma, altri agenti mi informano che - su ordine dello stesso poliziotto - non avrei potuto avere colloqui più con altri reclusi». Ed eccolo riapparire: «Quell’uomo ricomparve, mi iniziò a seguire ed io, per sentirmi più sicuro, mi fermai sotto le scale che portano alla sala colloqui con gli avvocati e dove ci sono le macchinette per le bevande; presi una bottiglia d’acqua e a quel punto l’agente, dopo avermela strappata dalle mani, offendendomi con epiteti si scagliò contro di me schiacciandomi ripetutamente contro il distributore automatico del caffè facendomi urtare più volte la testa e bagnandomi completamente con l’acqua della bottiglia che avevo in mano».
Sarà la magistratura a scrivere l’ultima parola su questa inquietantissima vicenda. La vittima - assistita dall’avvocato Gennaro De Falco - è già stata ascoltata dal pubblico ministero, al quale ha confermato i fatti come esposti in denuncia.


E, intanto, ieri sera all’esterno del carcere di Poggioreale una sessantina di persone hanno manifestato pacificamente con una fiaccolata per ricordare Claudio Volpe, il 33enne di Pianura morto in carcere otto giorni fa in circostanze ancora da chiarire. «Mio nipote - dichiara la zia al «Mattino» - non è morto perché aggredito da qualcuno, ma per un caso di malasanità all’interno del carcere. Ancora oggi non sappiamo quale sia il referto: sappiamo solo che dopo un malore è stato curato con la tachipirina, come se avesse solo la febbre». La salma è stata sequestrata dalla magistratura in attesa dell’autopsia. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino