«Polmoniti? Chi sta bene non indossi mascherine»

L’epidemiologa Triassi: ok solo a malati e fragili, il sistema immunitario va tenuto allenato

Maria Triassi
«Il forzato isolamento, i ripetuti lockdown, l’uso massiccio delle mascherine ci hanno aiutato contro la pandemia ma possono rivelarsi un’arma a doppio taglio in...

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«Il forzato isolamento, i ripetuti lockdown, l’uso massiccio delle mascherine ci hanno aiutato contro la pandemia ma possono rivelarsi un’arma a doppio taglio in quanto il sistema immunitario, soprattutto nei bambini, non più allenato all’incontro con i suoi nemici finisce per diventare inadeguato a rispondere alle minacce dei microrganismi. Come una mano o una gamba inutilizzati si atrofizzano, così la risposta immunitaria si indebolisce aprendo la strada alle infezioni, come sta probabilmente accadendo in Cina dove i bambini sono stati colpiti da questa anomala epidemia di polmoniti». Lo dice Maria Triassi, epidemiologa, ordinario di Igiene e medicina preventiva dell’Università Federico II di Napoli e presidente della Scuola di medicina presso lo stesso Ateneo.


È credibile che sia il Mycoplasma, il batterio che causa polmoniti atipiche, la causa del picco in Cina?
«L’esperienza del Covid ci spinge a essere diffidenti».

Le autorità sanitarie cinesi hanno risposto che si tratta di agenti patogeni conosciuti. Perché non crederci?
«La risposta rassicura ma bisognerebbe appurare se tutte le infezioni a trasmissione respiratoria registrate nelle ultime due settimane tra i bambini nel nord della Cina siano state tipizzate e diagnosticate con un esame microbiologico». 

Lei che idea si è fatta? 
«Potrebbe trattarsi del combinato disposto di una serie di fattori concomitanti: l’allentamento delle misure di contenimento del Covid, l’aumento della suscettibilità ai patogeni dopo anni di isolamento, il riemergere di batteri e virus, mutati o meno, i primi freddi stagionali, la compresenza di altri virus e batteri, compreso Sars-Cov-2, tutti a trasmissione respiratoria, che circolano in questo periodo dell’anno».

Qual è il parametro epidemiologico da tenere d’occhio?
«Quello che ci interessa sapere è se si verifichino eventi letali correlati, sia tra i bambini malati sia tra adulti e fragili, nelle comunità e nelle famiglie».

Le mascherine vanno usate o no? 
«Vanno usate correttamente: al netto dell’emergenza pandemica, per ora superata, non sono uno strumento di uso quotidiano e di prevenzione per chi è in salute».

Cosa intende dire? 
«Non vanno usate da soggetti sani per proteggersi ma da chi è malato o fragile per età e patologia, rispettivamente per evitare di trasmettere le proprie patologie e per evitare di essere esposti in condizioni di debolezza. Vanno per questo sempre indossate in ambiente sanitario e ospedaliero dove peraltro circolano batteri resistenti agli antibiotici. L’eccesso impedisce di allenare il sistema immunitario».

Insomma serve un equilibrio tra difesa dalle infezioni ed esposizione ai microbi? 
«Proprio così, è l’esposizione cronica a piccole cariche virali e batteriche a proteggerci, quando non si tratti di nuovi organismi pandemici come era Sars-Cov-2». 

A che punto siamo contro il Covid?
«L’immunità raggiunta grazie all’uso dei vaccini e alla larghissima circolazione del virus ha creato i presupposti di una durevole convivenza che si connoterà di tanto in tanto con piccoli focolai dall’andamento simile all’influenza. Sebbene il Covid non sia una malattia stagionale è comunque suscettibile all’irradiazione solare».

E i vaccini?
«Aiutano quando i patogeni minacciano larghi strati di popolazione fragile».

La campagna vaccinale va avanti contro l’influenza ma c’è un calo delle richieste dei vaccini antiCovid a fronte di un aumento dei casi e dell’affacciarsi della variante Pirola: cosa consiglia? 
«Il vaccino anticovid è ancora indicato, anche insieme all’antinfluenzale, per le persone minate da patologie croniche e degenerative. In particolare gli oncologici in fase attiva e sotto terapia».

Perché gli allarmi giungono sempre dalla Cina: dobbiamo temere altre pandemie? 


«Il rischio resta alto, è legato ai disequilibrio che l’uomo crea con l’ambiente. La Cina rappresenta in maniera emblematica tutto questo per la sovrappopolazione, la concentrazione record nelle città, gli allevamenti intensivi e il rischio di spillover, ossia del passaggio di virus e batteri dall’animale all’uomo». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino